mercoledì 4 dicembre 2013

TOP5 | D U E M I L A T R E D I C I

Come molti in questi giorni, inizio e finisco col tirare le somme dell'anno musicale che si accinge a terminare lento e inesorabile. Eh, non ho capito... lo fanno tutti, perché non posso farlo anch'io?


TOP 5: CANZONI ITALIANE

- Fuoco! (Appino, "Il Testamento")
"Tutto questo amore io non l’ho mai vissuto, tutto questo amore non l’ho mai voluto. A tutto questo amore io non ho mai creduto, il ricatto dell’affetto che ho sempre temuto, il giudizio della gente, la cieca ammirazione. Le grandi aspettative senza una ragione. Non sei fatto per lottare, non sei nato per lottare."

- Una Palude (Ministri, "Per un Passato Migliore")
"Questo è lo spazio che ci hanno concesso, ti giri e mi dici che a te può bastare se è grande abbastanza per potersi sdraiare. Io non ci riesco, ma ti seguirò lo stesso. Ho mille modi per dire rischiamo, ma quando è il momento smetto di parlare."

- Difetto (Gazebo Penguins, "Raudo")
"Se mi passi il termine, siamo delle generazioni con del tempo da perdere e zero soldi da spendere. Se mi passi il gioco di parole, il tempo e i ricordi si perdono una volta sola. Questo è l’unico tuo difetto: che non ci sei più. Sono l’unico tuo difetto."

- En e Xanax (Samuele Bersani,  "Nuvola Numero Nove")
"Se non ti spaventerai con le mie paure, un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle. In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore e su di me puoi contare per una rivoluzione. Tu hai l'anima che io vorrei avere."

- Il Primo Volo (Marta Sui Tubi, "Cinque, La Luna e le Stelle")
"Ho abbandonato già nomi, spazi, specchi, scuse, insulti e adesso non è più colpa mia. Se ti accarezzo voli via, se mi allontano torni qui. Sto bene come sto, non devi preoccuparti. Affiderò il destino a chi per primo abbasserà lo sguardo e son sicuro non sarò io. Se mi avvicino voli via, se mi allontano torni qui. Satelliti e pianeti che si sfiorano sfuggendosi."
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TOP 5: CANZONI STRANIERE

- Indie Cindy (Pixies, "EP1")
"Indie Cindy be in love with me... I beg for you to carry me."

- Infallible (Pearl Jam, "Lighting Bolt")
"Of everything that's possible in the hearts and minds of men. Somehow it is the biggest things that keep on slipping right through our hands. By thinking we're infallible we are tempting fate instead..."

- Dharma and the Bomb (Bad Religion, "True North")
"Wasted days and cigarettes. Cracked cement and palms. Bodhidharma has gone fission with your vedic mom. The Sergeant Major is dreaming of genie and she's armed with a borrowed polka-dot bikini. Tomorrow's coming down like Dharma and the bomb."

- The Vampyre of Time and Memory (Queens of the Stone Age, "...Like Clockwork")
"I want to God to come and take me home, 'cause I'm all alone in this crowd. Who are you to me? Who am I supposed to be? Not exactly sure anymore. Where's this going to? Can I follow through? Or just follow you for a while?"

- Too Many Friends (Placebo, "Loud Like Love")
"Fuck, give it all away, would it come back to me someday? Like a needle in the hay or an expansive stone, but I’ve got a reason to declaim. Applications are to blame for all my sorrow, my pain. Feeling so alone."
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TOP 5: ALBUMS

Il Testamento, Appino
...Like Clockwork, Queens of the Stone Age
Lightning Bolt, Pearl Jam
Per un Passato Migliore, Ministri
True North, Bad Religion
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TOP 5: CONCERTI

- Pixies: 04.11.2013, Alcatraz (MI)
- Bad Religion: 18.06.2013, Alcatraz (MI)
- Ministri: 21.03.2013, Alcatraz (MI)
- Appino: 08.11.2013, Arci Bellezza (MI)
- Paolo Benvegnù: 13.06.2013, Carroponte (MI)




venerdì 3 maggio 2013

"E allora lasciami andare, la scelgo io la prigione"


Personalmente ho atteso con non poca impazienza il ritorno di questa band e, oserei dire finalmente, l'attesa è stata ripagata. Lo scorso 12 Marzo infatti, a distanza di tre anni dal precedente lavoro in studio, i Ministri hanno dato alle stampe Per Un Passato Migliore, loro quarto capitolo (e mezzo) discografico.
Ho conosciuto la band quando ormai era sulla bocca di tutti, con già due dischi all'attivo e una credibilità live invidiabile, nell'estate 2009 e da allora posso dirmi loro grande fan ed estimatore.
Ricordo come se fosse ieri l'attesa per quello che fu il successore di Tempi Bui, disco di maggior successo del trio(+uno), e cioè Fuori. Altrettanto bene ricordo il primo ascolto di quel disco e, vi assicuro, risultò a dir poco deludente. Nonostante il brano apripista, "Il Sole (È Importante Che Non Ci Sia)", sia ad oggi uno dei più bei pezzi proposti fino ad oggi dalla band, se non dalla scena indie-rock tutta, il disco fu una mezza delusione. Molto più patinato e prodotto dei primi due, dava l'impressione di non avere granché da dire a livello musicale. Poco alla volta però, anche grazie ai bellissimi testi di Dragona, chitarrista e compositore principale del nucleo, c'è da dire che il disco, nonostante le prime impressioni crebbe e, sulla lunga distanza, il materiale prese la forma che gli spettava e ad oggi posso dire che non era poi tutto da buttare, fermo restando che stiamo parlado comunque del loro capitolo peggiore.
C'è da dire che per i fan della prima ora, anche Tempi Bui fu una mezza delusione dopo I Soldi Sono Finiti, forse uno dei migliori esordi discografici del nostro paese. Passare da una etichetta discografica indipendente a una major come la Universal può aver compromesso l'integrità sonora della band. Spesso infatti, sotto contratti sostanziosi, il lavoro che si può fare sul proprio materiale è dettato dalle leggi di un mercato discografico come quello italiano, indirizzato solo sul profitto immediato che va a nuocere la personalità dell'artista. La band infatti ad oggi vende bene 'dal vivo' essendo, a conti fatti, una delle realtà live di maggior impatto nel nostro paese, al pari di veterani come Afterhours o di mostri sacri come Il Teatro degli Orrori.
Con questo Per Un Passato Migliore, invece, pare che la band sia tornata ad avere la forza, l'ispirazione e l'entusiasmo degli inizi. Infatti, fin subito dopo l'ascolto in anteprima dell'ormai anthem "Comunque", iniziò a comparire all'orizzonte il bagliore di quello che aveva tutte le carte in regola per essere un disco con i contro-attributi. Che sia il ritorno ad una realtà indipendente ad aver dato loro nuova vita? Chissà.
Che dire comunque? Attesa ripagata! Fin dall'introduttiva e granitica "Mammut", ci si tuffa a pie' pari nell'ascolto di un disco che difficilmente riuscirete a levare dall'autoradio o dallo stereo di casa. Il primo ascolto fa pensare ad un vero e proprio ritorno alle origini, senza campionamenti o sintetizzatori. Solo chitarra, voce, basso e batteria.
Oltre alla già citata "Comunque", di pezzi forti in questo disco non ne mancano. Difficile non trovarsi a saltare per la stanza o a prendere a spallate amici ed armadi con pezzi quali "Le Nostre Condizioni""Spingere" o "Mille Settimane". Impossibile non condividere i pensieri espressi o lasciarsi coinvolgere emotivamente da pezzi come "Stare Dove Sono""La Pista Anarchica""I Tuoi Weekend Mi Distruggono" o la conclusiva "Una Palude".
Il buon mix di ritmo, ruvidezza, velocità e melodia fanno sì che le linee spazio temporali vadano a farsi benedire e la sensazione è quella di ascoltare finalmente il secondo vero e degno successore del primo disco dei Ministri.
Quindi, bando alle ciance... andate a comprarlo! Questo disco oltre ad essere una bomba, costa anche pochissimo.

Non avete più scuse.
Seguite la pista anarchica!


They like it, they like it scream!


Quando un ascoltatore medio di punk rock ha bisogno di rassicurazioni e conferme, a parer mio, dovrebbe andare a bussare la porta dei Mudhoney.
Questa è forse la band più coerente che mi sia mai capitato di ascoltare in tutta la mia vita. Pare non siano passati quasi venticinque anni dal loro primo disco e, al contrario di quello che un ascoltatore medio può pensare, pur facendo la stessa musica da quasi tre decenni, non c'è un solo capitolo nella loro discografia che definireste banale o puro esercizio di stile.
La conferma, in questo caso, arriva con le dieci potentissime e ruffianamente scanzonate tracce che vanno a comporre Vanishing Point, nona fatica in studio dei veterani di Seattle.
Anticipato ai più dal divertentissimo e coinvolgente singolo "I Like it Small", questo lavoro è composto da dieci tracce decisamente eterogenee ma al tempo stesso compatte e potenti, dove la band affronta il punk e l'hardcore con la stessa disivoltura con cui immerge le proprie chitarre in sonorità a sfondo psichedelico, a volte quasi desertico.
Per gli amanti del genere, ma non solo.
Disco da ascoltare e riascoltare finché vi reggono le ginocchia.

Call It Fate, Call It 80's


Se con il precedente Angles del 2011 pagano pegno a Phrases For the Young, lavoro solista del loro leader, Julian Casablancas, con questo Comedown Machine fanno dichiarazione di intenti immergendo in quelle sonorità entrambe le mani fino ai gomiti.
Lasciando da parte i suoni ruvidi e asciutti degli esordi e dando spazio a sintetizzatori e sonorità che fanno tirar su le maniche e crescere le spalline sotto le giacche, questa ultima fatica dei newyorkesi The Strokes si discosta dalle tinte anni '70 riprese a due mani nei primi 2000 e, più di dieci anni dopo, coerentemente e al passo coi (loro) tempi, ci si ritrova ad ascoltarli in una veste decisamente anni '80 che probabilmente sarà difficile da far digerire ai fan della prima ora.
Anche qui, tutto da buttare? No, assolutamente no. Il lavoro checché se ne dica è valido, anche se purtroppo si nota un calo di ispirazione nella stesura dei pezzi che vanno a comporre un disco da una parte originale, dall'altra monotono e che alla lunga può annoiare.
Peccato.
Aspettiamo di vederli dal vivo per poter giudicare meglio.

Drinking is better.


Cosa si cela dietro il nome Atoms For Peace?
Non sono pochi quelli curiosi di sentire nella stessa band due talenti tanto grandi e al contempo tanto diversi come Thom Yorke, leader dei Radiohead, e Flea, talentuosissimo e folle bassista dei Red Hot Chili Peppers.
Il risultato? A partire dalla copertina, un proseguimento naturale di The Eraser, primo disco solista del talentuoso musicista di Oxfordershire datato 2006.
A nulla o quasi è servito l'apporto del californiano al basso, tanto che non si notano particolari differenze tra i recenti lavori in studio con i Radiohead e questo Amok.
Disco brutto? No, niente affatto, ma sinceramente le aspettative eran grandi, anche perché stiamo parlando di un supergruppo che oltre ad avere uno dei cantanti e compositori di maggior spessore al mondo, ha alla base ritmica un vero talento che in questo lavoro ahimè ha un ruolo marginale e snaturato.
Ascoltandolo certo non butterete via il vostro tempo, ma il consiglio che vi do è quello di non aspettatevi niente di tanto diverso dal solito buon disco 'elettronico' firmato Thom Yorke.

lunedì 11 marzo 2013

Mille i modi in cui sorridi, ma poi non ridi mai


In Italia, se vuoi provare a vivere con la tua musica, non puoi permetterti il lusso di essere presuntuoso. Lo capirono a tempo debito band del calibro di Afterhours e Marlene Kuntz, che di certo non hanno bisogno di presentazioni, allora perché biasimare i Marta Sui Tubi per la loro presenza a Sanremo?
Puoi essere indipendente, puro e casto discograficamente parlando... ma in questo paese l'indipendenza, la purezza e la castità purtroppo non ti regalano il pane.
Seguo la band siculo-bolognese, attiva dal 2003, più o meno dal 2005/2006 e per i più non hanno certo bisogno di presentazioni. Dischi molto eterogenei, spontanei e quando si tratta di 'osare' musicalmente parlando, non esistono realtà al loro pari.Carmelo Pipitone è forse uno dei migliori chitarristi contemporanei che abbiano mai calcato i palchi italiani e Giovanni Gulino ha un'estensione e una padronanza delle corde vocali che persino Mina si fermerebbe ad applaudire ammirata. Iniziano come duo chitatta-voce, e disco dopo disco, oltre a altri mebri nel nucleo, riescono a inserire nella loro discografia piccole perle che vanno a delineare un CV di tutto rispetto, e tutto per dire che di certo non abbiamo a che fare con il gruppo 'esordiente' di cui hanno parlato per settimane certi giornali buoni solo per raccogliere gli escrementi degli animali domestici.
Premessa fatta, iniziere a parlare di questo Cinque, La Luna e Le Spine che, come il titolo lascia intendere, è la quinta fatica della band. Questo disco quasi a sorpresa riesce a distaccarsi dal loro modus operandi, che inaspettatamente lascia da parte il sound che da sempre la contraddistingue, cioè scarno e schizofrenico, e da spazio per la prima volta a una produzione 'da grandi'. Ricchi infatti gli arrangiamenti e gli strumenti adoperati per le undici tracce in questione. Novità.
Oltre alle bellissime "Dispari" (l'acustica Sanremese ha giocato a sfavore di questa perla) e"Vorrei" che in molti avranno avuto modo di ascoltare, amare e/o odiare, ci sono perle come la traccia che apre le danze, "Il Primo Volo", che si piazza subito fra le mie preferite di sempre,"I Nostri Segreti" e "Grandine" dove la band almeno in questo caso da il meglio di se non solo musicalmente ma anche nelle liriche.
Questa band sa scrivere e sa suonare e finalmente lo si sente, soprattutto grazie alla produzione, che non cerca di snaturale la natura del sound che li ha resi celebri nel loro ambiente, ma pone l'accento su particolari che fino ad oggi difficilmente sono riusciti ad esprimere.
Quello che una volta era appunto un marchio di fabbrica, lascia il posto a una sorta di 'giustizia' nei confronti di un talento che trova finalmente la sua strada e nuova linfa con un lavoro magistrale, attento e meritocratico.
Come sempre, almeno nel mio caso, la band ha fatto centro.
Questo disco ti entra dentro e a fatica ce lo levi.

Bentornati e in bocca al lupo!

The most beautiful place in the whole fucking world!


Non c'è trentennale, importante casa discografica da dirigere o cattedra alla UCLA che tenga... tornano i Bad Religion e lo fanno con True North, diciassettesimo ed esplosivo capitolo della band losangelina uscito lo scorso 22 Gennaio.
A tre anni dal predecessore, The Dissent of Man del 2010, i sei veterani e paladini (o se proprio proprio vogliamo chiamarli in un altro modo, sopravvissuti) dell'hardcore melodico, rendono omaggio e giustizia ad un genere che ormai viene purtroppo associato a skateboarder pettinati come Justin Bieber, tutti pantaloncini corti e Vans, e a ragazzini debosciati truccati comedrag queen in sottopeso, coi tagli sui polsi, privi di originalità, spirito e attitudine, e lo fanno con sedici tracce al fulmicotone che lasciano con fiato sospeso dall'inizio alla fine, riuscendo nell'intento implicito di non far rimpiangere assolutamente i dischi degli esordi.
Tre chitarre, quelle del trittico Gurewitz-Hetson-Baker, più potenti che mai, una sezione ritmica tenuta in piedi in maniera eccellente dal colosso Bentley al basso e dall'incredibileWackerman alla batteria, accompagnano al meglio la voce del prof. Graffin che, con i soliti testi scritti in collaborazione con Gurewitz, riesce a toccare tematiche che, per la prima volta da anni, non sono esclusivamente politico/religiose, senza mai scadere nel banale, ma anzi, riuscendo come sempre a attirare l'attenzione a se come solo i grandi songwriter riescono a fare.
Difficile rimanere indifferenti a pezzi come "Past Is Dead" o rimanere fermi su pezzi come"Fuck You", primo singolo estratto, o a "Dharma and the Bomb", la mia traccia preferita del disco. Difficile controllare l'adrenalina durante l'ascolto di "Crisis Time" o "Popular Consensus".
Difficile dire di essere di fronte al solito disco dei Bad Religion, anche se a conti fatti è proprio così. Fatta eccezione per i testi, sempre ineccepibili e sempre più che attuali, ai più sarà difficile riuscire a notare qualcosa di effettivamente diverso dal passato, ma tant'è, questa è la band, quelle le canzoni. Che vi piaccia o meno.
A me, in tutta onestà, piace. Non sempre uscire dagli schemi è un bene, e nel caso dei Bad Religion rimane una garanzia di qualità.
L'importante, alla fine, è riuscire comunque a far passare il messaggio. E questa band ci è sempre riuscita.

lunedì 7 gennaio 2013

Mi sono piaciuti nel 2012, mi piaceranno poi.


¡TRE! GREEN DAY
INCISIVO

KING ANIMAL SOUNDGARDEN
RUVIDO
IL MONDO NUOVO IL TEATRO DEGLI ORRORI
RABBIOSO

SUN CAT POWER
DELICATO

¡UNO! GREEN DAY
SCANZONATO

NEL GIARDINO DEI FANTASMI TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI
NECESSARIAMENTE MALINCONICO

PADANIA AFTERHOURS
IRONICO

OCEANIA SMASHING PUMPKINS
RUFFIANO

HOT CAKES THE DARKNESS
DIVERTENTE

MUSIC FROM ANOTHER DIMENSION! AEROSMITH
D'ALTRI TEMPI

Non guardarmi così perché ho quindici anni

Sarò sincero. Pur essendo sulla scena da parecchio, pur avendone all'attivo altri sette, questo nuovo disco dei Tre Allegri Ragazzi Morti è il loro il primo in assoluto che mi sia capitato di ascoltare per intero. La maggior parte del merito va alla curiosità, alla voglia di ascoltare il resto del materiale che faceva da contorno al singolo di lancio, "La Mia Vita Senza Te", un mid-tempo malinconico che fin dal primo ascolto difficilmente riesce ad uscire dalla testa, per accorgersi poi che di contorno non ce n'è e che il resto delle materiale vive di vita propria e non fa le veci di semplice 'accompagnamento' al singolone da trasmettere in radio.

Da fan profano dell'ultimo secondo (e già qua si intuisce il mio giudizio al riguardo) mi sono ritrovato a spolpare fino all'osso questo lavoro, rimanendone semplicemente ammaliato. I molti i generi affrontati, che spaziano dal folk al reggae, fino a quel pop ben fatto e mai banale, e i molti temi trattati nei testi, fanno di questo lavoro un pretesto, una scusa per fermarsi ed ascoltare la musica come capita sempre più di rado oggi come oggi.

Un paio di pezzi deboli a parte, questo Nel Giardino dei Fantasmi, per quanto riguarda i miei ascolti, chiude un periodo fiacco a livello di nuovi ascolti e lo fa a voce alta, piazzandosi direttamente fra i dischi che più mi son piaciuti in questo 2012 appena finito.

Il mio consiglio spassionato è quello di ri-appendere qualche poster nelle vostre camerette, di chiudere la porta, di alzare il volume e di far vostri pezzi quali "Bugiardo", "Alle Anime Perse", "I Cacciatori", "La Via di Casa" e la conclusiva e bellissima "Di Che Cosa Parla Veramente una Canzone?" e far crescere in voi quella malinconia che, secondo me, in questo periodo storico, diventa sempre più necessaria.

Buon 2013.

I fell in love, but it didn't catch your fall

Anticipato dal singolo "The Forgotten", regalato, tra l'altro, alla colonna sonora per il capitolo finale della saga Twilight (e qui mi fermerei), esce l'ultimo capitolo di una trilogia che per mesi ha reso e renderà i Green Day protagonisti indiscussi dell'autunno/inverno musicale 2012/2013. Il prossimo 11 Dicembre, infatti, la band darà alla luce (con un mese di anticipo sulla tabella di marcia) ¡Trè!, disco che chiude un cerchio aperto a Settembre con ¡Uno! e proseguito a Novembre con ¡Dos!, e che va a sottoscrivere il momento di particolare prolificità artistica e ispirazione del terzetto californiano.

Fin dall'ascolto della prima traccia, il disco fa una dichiarazione di intenti e si capisce che il resto del materiale supererà difficilmente il livello di BPM al quale la band ci ha abituati negli anni. Traccia dopo traccia ci si ritrova ad ascoltare pezzi che a tratti pagano pegno al Pop e quasi sempre ai Beatles e agli Who più melodici. Son convinto che però nemmeno i più affezionati al lato grezzo della band riusciranno a storcere il naso di fronte a pezzi come l'opening track, "Brutal Love", una ballata che profuma di anni '50, o alla bellissima "Drama Queen" (curiosità: il pezzo appare già in ¡Dos! in versione LP, al posto di "Stray Heart").

Pezzo dopo pezzo non si può far altro che rendersi conto che è materiale semplice, ma allo stesso tempo magnetico e che a tratti va a stravolgere l'immagine che un fan medio e non per forza dell'ultima ora si è fatto di una band, pur non facendo cambiare idea sul giudizio fino ad ora espresso su di loro.

Con pezzi quali "Missing You", "8th Avenue Serenade", "Sex, Drugs & Violence", "Amanda" siamo di fronte ai soliti Green Day, magari meno veloci e un po' più patinati, mentre con il resto del disco ci si ritrova a canticchiare o fischiettare melodie decisamente semplici, che restano facilmente in testa e che, nonostante questo, difficilmente potranno annoiare i più più in là con gli ascolti.

Cosa strana, ma non per forza negativa, è che la band non era arrivata a questi livelli di immediatezza nemmeno con gli episodi contenuti nei best seller American Idiot e 21st Century Breakdown. Ogni traccia presente in questo disco è così dannatamente orecchiabile da rendere ogni titolo contenuto nella tracklist un potenziale singolo promozionale, seppur mantenendo degli standard che riusciranno a non allontanare i fan della prima ora.

A chiudere le danze del disco e in generale di tutto il progetto che ruota attorno a questa trilogia, è appunto il primo singolo di cui parlavo all'inizio della recensione, "The Forgotten", una ballata che inizia con un inciso voce/piano ammaliante e che da il giusto tocco di malinconia quasi voluta che va a salutare e a tirar giù un sipario su di una trilogia che a mio avviso ha fatto centro, regalando ai fan tre lavori abbastaza diversi tra loro e affrontando tre generi che non fanno altro che confermare la bravura, il talento e la versatilità di Billie Joe, Mike e Trè Cool che col tempo son riusciti a mantenere una dignità artistica che molte band contemporanee si possono solo sognare.

Non che ce n'è bisogno, ma ogni tanto ci sta mettere i puntini sulle "i". E nessuno ci riesce così bene come i Green Day!