lunedì 2 maggio 2011

YAWN

Da amante del punk e di conseguenza di dischi che non superano i 50 minuti di durata, ho sempre avuto un problema con gli album doppi. Li trovo 'faticosi' da assimilare e, ogni volta che mi metto ad ascoltarne uno, mi ritrovo a pensare sempre sempre sempre cose del tipo "questo sarebbe potuto essere tranquillamente un disco singolo". No, non è pigrizia, giuro. È semplicemente un considerare questi lavori prolissi e dispersivi. Arrivi - e riconosco che è un mio limite - alla fine dell'ascolto che non ti ricordi niente e ti trovi puntualmente a skippare le tracce due a due. So che sto per dire un'eresia senza pari, ma è una mia convinzione e in quanto tale va presa per quella che è: sono un forte sostenitore del fatto che se capolvori (i primi che mi vengono in mente, i più famosi) come, ad esempio, The Wall dei Pink Floyd, il White Album dei Beatles, Mellon Collie and the Infinite Sadness degli Smashing Pumpkins o le buone prove dei Red Hot Chili Peppers con Stadium Arcadium, di Daniele Silvestri con Il Dado, dei Guns N' Roses con i due Use Your Illusion e dei System of a Down con il loro progetto Mezmerize/Hypnotize fossero stati progetti per un singolo album e non un doppio, avrebbero fatto più facilmente breccia nel mio cuore... e scommetto anche in quello di molti altri. Alcuni malignamente arrivano a pensare che un doppio album è figlio della poca voglia dell'artista di scremare il lavoro in studio e che, nell'indecisione più totale, quest'ultimo butti tutto nel calderone... poi o la va o la spacca. Altri invece credono a quello che gli artisti dicono, tipo "erano tutte così belle che alla fine non sapevamo quale scegliere". Io semplicemente mi rammarico, perché questi dischi appena elencati fanno parte del mio misero background e dovrei essergli grato per avermi dato tanto, ma mi accorgo che riascoltarli a volte è davvero faticoso.

Tutto per dire cosa? Niente di più, niente di meno per dire che questo WOW, quinto disco dei bergamaschi Verdena, pur essendo un disco molto interessante, che si discosta da tutti i loro precedenti... pur buttando nel calderone varie influenze e alternando brani elettrici e brani acustici tutt'altro che simili uno con l'altro - dimostrando che la band di idee ne ha e ne ha da vendere - è prolisso e dispersivo. C'è da dire che eliminando cinque o sei riempitivi (o intermezzi, che dir si voglia), sarebbe potuto essere il loro miglior lavoro inciso dal 1999 ad oggi. Appunto perché, eliminando cinque o sei pezzi, sarebbe stato un disco singolo.

Ultima nota negativa è la registrazione della voce, sovrastata in quasi tutti i brani dagli strumenti. Alcuni pezzi, per esempio, sono quasi indecifrabili e necessitano di un ascolto in più fatto con il booklet in mano.

Nel complesso, però, c'è da dire che questo disco non si butta via. È un lavoro valido, sotto certi aspetti molto ricercato nella scelta dei suoni e, per carità, con parecchie canzoni che ti si piantano in testa e si fanno cantare di gusto... ma poteva essere meglio.


domenica 1 maggio 2011

Le cose più belle sono quelle che durano poco, pt.2

"La cosa più bella, quella che ci fa star bene e ci rende orgogliosi è sentire che cantate con noi anche i pezzi nuovi. Grazie."
- Giovanni Gulino
Legnano, 29.04.2011


Venerdì sera son stato ad un concerto dei Marta Sui Tubi, una delle band più interessanti dell'underground italiano. Una realtà che mette la pelle d'oca, una live-act band come poche. Cinque elementi validissimi e con un impatto sonoro sempre più sorprendente e devastante. Martellanti, ironici, malinconici, cinici, logorroici, melodici e poetici. Un'ora e mezza intensissima caratterizzata da una scaletta eterogenea per uno di quei gruppi che ancora oggi, a otto anni dal loro esordio discografico, ti chiedi perché non riescano a sfondare e a riempire posti e piazze più grandi.
Per molti parrà una cosa di poco conto, per altri meno, ma sta di fatto che il mercato del disco è avvilente. Il motivo è semplice: non riuscire a reperire l'ultimo lavoro in studio di uno dei propri gruppi italiani preferiti in un negozio di dischi, ma riuscirci solo ad un loro concerto, la dice lunga sul panorama musicale odierno e sul suo mercato. Se non sei il Vasco Rossi  di turno o uno dei tanti automi che producono merda da decenni e che la vendono manco fosse un genere alimentare, in Italia non vieni considerato. Non conti un cazzo. È frustrante doversi confrontare con una realtà da stadio, dove il talento è dettato dai numeri e non dalla qualità effettiva di quello che si va ad ascoltare. Ancor più triste vedere che gli addetti ai lavori se ne fregano e lasciano che un'uscita discografica passi inosservata, privando così del diritto di farsi conoscere a band che meriterebbero più di molte altre pseudo realtà usa e getta.
Tornando un attimo a parlare del concerto, poco più di un'ora e mezza per una scaletta dedicata per lo più al nuovo disco, ma che comunque lascia spazio a pezzi che hanno fatto la storia della band siculo-milanese. Rabbia, sconforto e ironia. Ascoltare oggi una band come i Marta sui Tubi è come lo sfogliare un giornale... ed accorgerti che lo stai facendo con le lacrime agli occhi.

Per chi non li avesse ancora visti suonare dal vivo nemmeno una volta, per chi li ha snobbati fino ad adesso... vi avverto: perdersi una loro esibizione è un grosso torto che state facendo a voi stessi. Lasciate perdere per un giorno almeno la classifica e date una possibilità al vostro intelletto.

Provare per credere. Non ve ne pentirete, promesso.