lunedì 11 marzo 2013

The most beautiful place in the whole fucking world!


Non c'è trentennale, importante casa discografica da dirigere o cattedra alla UCLA che tenga... tornano i Bad Religion e lo fanno con True North, diciassettesimo ed esplosivo capitolo della band losangelina uscito lo scorso 22 Gennaio.
A tre anni dal predecessore, The Dissent of Man del 2010, i sei veterani e paladini (o se proprio proprio vogliamo chiamarli in un altro modo, sopravvissuti) dell'hardcore melodico, rendono omaggio e giustizia ad un genere che ormai viene purtroppo associato a skateboarder pettinati come Justin Bieber, tutti pantaloncini corti e Vans, e a ragazzini debosciati truccati comedrag queen in sottopeso, coi tagli sui polsi, privi di originalità, spirito e attitudine, e lo fanno con sedici tracce al fulmicotone che lasciano con fiato sospeso dall'inizio alla fine, riuscendo nell'intento implicito di non far rimpiangere assolutamente i dischi degli esordi.
Tre chitarre, quelle del trittico Gurewitz-Hetson-Baker, più potenti che mai, una sezione ritmica tenuta in piedi in maniera eccellente dal colosso Bentley al basso e dall'incredibileWackerman alla batteria, accompagnano al meglio la voce del prof. Graffin che, con i soliti testi scritti in collaborazione con Gurewitz, riesce a toccare tematiche che, per la prima volta da anni, non sono esclusivamente politico/religiose, senza mai scadere nel banale, ma anzi, riuscendo come sempre a attirare l'attenzione a se come solo i grandi songwriter riescono a fare.
Difficile rimanere indifferenti a pezzi come "Past Is Dead" o rimanere fermi su pezzi come"Fuck You", primo singolo estratto, o a "Dharma and the Bomb", la mia traccia preferita del disco. Difficile controllare l'adrenalina durante l'ascolto di "Crisis Time" o "Popular Consensus".
Difficile dire di essere di fronte al solito disco dei Bad Religion, anche se a conti fatti è proprio così. Fatta eccezione per i testi, sempre ineccepibili e sempre più che attuali, ai più sarà difficile riuscire a notare qualcosa di effettivamente diverso dal passato, ma tant'è, questa è la band, quelle le canzoni. Che vi piaccia o meno.
A me, in tutta onestà, piace. Non sempre uscire dagli schemi è un bene, e nel caso dei Bad Religion rimane una garanzia di qualità.
L'importante, alla fine, è riuscire comunque a far passare il messaggio. E questa band ci è sempre riuscita.

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