mercoledì 13 ottobre 2010

FUORI, si. Da casa mia.

Chi mi conosce sa cosa penso del download gratuito, a chi non mi conosce lo spiego ora in queste righe. In parole spicce, considero il download utile ai fini del non comprare merda. Mi spiago meglio: una volta i dischi costavano più o meno quanto costano adesso (rapportando i prezzii agli stipendi di allora, ovvio), solo che allora erano SOLO dischi in vinile, visti i livelli dei gruppi di una volta, quando era ancora tutto da scrivere, ci si poteva permettere il lusso di comprare a scatola chiusa e, se proprio proprio beccavi per sfiga un album tutt'altro che ben fatto, poteva consolarti il fatto che fra le mani avevi comunque un bell'oggetto. Oggi no, non è così. Oggi comprare un CD a scatola chiusa, a mio avviso, non è possibile. Perché? Perché oltre a rischiare di trovarti con un singolo in mezzo a dieci o più tracce inutili (perché, diciamocelo, che alcuni fanno i furbi e ti propinano il singolone della madonna e decine di riempitivi orripilanti non è una novità), ci si ritrova fra le mani uno sgorbietto inutile, che passerà il tempo a prender polvere e a farci girare le palle ogni volta che l'occhio cadrà lì dove lo abbiamo messo. Quindi oltre il danno la beffa.

Ora, cosa c'entra questo col download? C'entra eccome! Perché chi compra dischi oggi è un precario e la musica è diventato un lusso. Per citare un Pino Scotto a caso "Un libro di Emilio Fede ha il 4% d'IVA, un disco il 20%. Il nostro è un paese di merda". Sono d'accordo. Di pagare un prodotto di venti euro a scatola chiusa, oggi, non ci penso nemmeno. A meno che non ci sia gente a cui piaccia il rischio o è particolarmente in vena di buttar via soldi, questo discorso vale un po' per chiunque sa come girano ora le cose nel mondo discografico e nell'industria musicale.

Chi ascolta musica di un certo tipo - gli audiofili, per intenderci - solitamente, apprezza anche il fatto d'avere il disco in un formato decente e spesso non si accontenta degli mp3, anche se di buona fattura o addirittura acquistati legalmente da siti come iTunes. C'è da dire anche che c'è chi cerca comunque di risparmiare o di centellinare le spese mensili per potersi permette il - fa ridere, lo so - lusso di comprarsi un CD (o il redivivo LP). Farebbe girare le scatole a chiunque privarsi di un'uscita fra amici o non poter mettere benzina per andare via un weekend per potersi permettere un disco che poi alla fine può anche far schifo. A me, come a molte altre persone, è capitato di comprare dischi a scatola chiusa e il buon 50% delle volte sono rimasto scottato. Ho imparato ad ascoltare prima di acquistare e non tutti i negozi e i megastore ti permettono di fare un ascolto preventivo. Non me ne vergogno, io scarico e, se mi piace, acquisto. Non fatico a investire soldi se il prodotto è valido e meritevole, ma sono davvero pochi gli artisti che mi convinco a comprare a scatola chiusa e, dopo il precedente Tempi Bui del 2009, un disco che ho adorato e che adoro tutt'oggi, aspettavo con ansia questo Fuori, l'ultima fatica discografica di questa piccola grande band di milano, i Ministri.

Ecco arrivati al punto risolutivo di tutta questa pappardella.

Impazientissimo che questo nuovo lavoro uscisse, arriva la data dell'uscita nei negozi e mi accorgo di avere in tasca giusto la moneta per un caffè alla macchinetta della ditta, un debito di trenta euro con un collega e la ricarica al telefono da fare. Questo disco non lo posso permettere in questo momento. Mi girano le palle. È uscito. Non vedo l'ora di sentirlo. "Tanto, appena ho i soldi, lo compro". "Ok, lo scarico".

Il pre-singolo, Il Sole (è importante che non ci sia), mi aveva esaltato e fatto ben pensare. Mi sono ritrovato davanti a una di quelle canzoni che appena ti entrano in testa è la fine, non pensi ad altro in macchina, in fila in banca, alla cassa del supermercato e sotto la doccia. Il secondo singolo, quello ufficiale, Gli Alberi, mi ha invece fatto storcere il naso. "Ma si, tanto sicuro ce ne saranno di migliori nel disco". E invece no! NO! Dannazione. Ho scaricato il disco e l'ho ascoltato forse sei volte tra ieri sera e tutto oggi e non mi ricordo un solo pezzo. Il mio filtro non ha assorbito nulla. NULLA! Niente di niente.

Delusione totale. Ecco, questo è l'esempio che volevo usare per farvi capire cosa penso del download illegale. In questo caso il non riuscire a comprare un disco che avrei comprato a scatola chiusa e poterlo ascoltare prima di comprarlo, mi ha salvato il portafogli. Ok ok, il disco dei Ministri costa meno degli altri CD, ma il senso è che non me lo regalano mica! Se io volessi spendere quei soldi in qualcosa di veramente soddisfacente?

A volte ringrazio che il più delle volte non ho abbastanza soldi per assecondare le mie voglie.

Ultima cosa prima del linciaggio: non prendetevela SOLO con la pirateria, prendetevela ANCHE con chi vuole essere chiamato artista, ma altro non vuole se non mettervi le mani in tasca mentre ride di voi, alle vostre spalle, soddisfatto del suo non lavoro. È facile dire o accusare la gente di voler far morire un mercato importante come quello del disco, ma se voi acquistaste casa o la macchina nuova, non pretendereste la perfezione? Non si scherza con le tasche della gente. Proprio no.

lunedì 11 ottobre 2010

Mi permetto di dissentire, appunto.

Ognuno di noi ha le proprie abitudini, piccoli momenti che ci concediamo solo per noi, piccole attenzioni che nessuno può dare alle cose, se non noi. Solo noi. Ci sono le piccole certezze che si basano sul mangiare a una determinata ora, sulla pizza della domenica, per non parlare del pollo del martedì, della bistecca del giovedì e del pesce del venerdì. Il Letto fresco prima di andare a dormire, ne vogliamo parlare? La tavoletta del cesso alzata, perché sennò sono cazzi vostri, pincopalla piscia dove gli capita se ve la scordate abbassata! Poi... i pantaloni appesi in una certa maniera, le magliette nel cassetto piegate in un certo modo e... no, aspetta, chi ha spostato quella cosa? Chi si è permesso? Chi ha OSATO mettere mano alle mie convinzioni?! CHI?!?! Chi si è permesso di trasformare i Bad Religion in una band di debosciati?!

Ecco, questa è stata la mia reazione al primo e attento ascolto di questo "The Dissent of Man", la stessa che avrebbe chiunque quando trova qualcosa fuori posto nella propria routine. Badate, c'è routine e routine, quella monotona, ma anche quella che ti fa vivere tranquillo. Comunque, tornando alla musica, ovunque mi giri leggo recensioni positive, gente che dice che dopo 30 anni non hanno perso smalto, che nonostante l'età non si sono mai piegati alla volontà delle case discografiche di creare i diretti antagonisti dei vari Green Day o dei loro figliocci, gli Offspring. Sono d'accordo. Dal vivo questi anzianotti spaccano ancora il culo ai passeri (cit.), però non l'ho pensata così all'ascolto di questo disco. Se volevo ascoltare un disco dei Green Day, cazzo, ne prendevo uno a caso dalla discografia originale in mio possesso e lo mettevo su. Ancora adesso non riesco a non ascoltare questo disco se non con rammarico, un po' perché per me questi non sono i Bad Religion di cui mi sono innamorato, un po' perché dopo l'ultimo New Maps of Hell del 2007 quasi si era urlato al miracolo: pezzi tiratissimi, voce grezza, batteria che dava colpi bene assestati e chitarre devastanti dopo un decennio così cosà. In questo disco la voce pare inesistente, i pezzi sono mosci e lustrati come scarpe di vernice e le chitarre elettriche lasciano spazio a distorsioni minime e, in alcuni pezzi, a chitarre acustiche come base ritmica. Si salva giusto la batteria, ma non è abbastanza. Insomma, era tutto quello che non mi aspettavo da una band del genere, che mi aveva abituato al suo essere tanto melodica nelle liriche, quanto dura negli arrangiamenti.

Altra nota stonata, in mezzo al marasma di controversie, sono i plagi e gli autoplagi. Certo, chi è fan dei Bad Religion sa che non hanno mai peccano di originalità e si sa anche che, di base, ogni tanto gli scappa un riadattamento ad un proprio pezzo. In questo disco nelle tracce 13 e 14, rispettivamente Ad Hominem e Where the Fun Is, si possono sentire gli arrangiamenti delle ormai storiche Watch it Die e 21st Century (Digital Boy). La traccia numero 6, addirittura, rischia persino di essere tacciata come un plagio (o un tributo?) bello e buono ai veterani di Orange County, i Social Distortion. Ascoltare per credere.

Insomma, tirando le somme, questo The Dissent of Man mi ha deluso, ma non è per forza da buttare via. Magari c'è chi può apprezzare un lavoro del genere, che non è assolutamente da considerare 'brutto', per carità, è di sicuro meglio di molta altra merda che si sente in giro, ma a un fan magari può far storcere il naso. Il problema di fondo è che non c'è innovazione, gliela si sarebbe potuta perdonare quella, c'è solo ripetitività e una strizzata d'occhio a un pop al quale non si erano mai avvicinati prima d'ora.

La delusione lascia spazio comunque ad un paio di chicche: Only Rain su tutte.

Tra i vari fan, sul sito ufficiale della band, si legge di uno spagnolo che accusa Brett Gurewitz di aver ammosciato il 'tiro' del gruppo... e, in effetti, da quando il proprietario della ormai famosissima e stra-fruttifera Epitaph Records è rientrato a far parte del gruppo, qualcosa è cambiato. Bah, dopo trent'anni saran stanchi. Glielo si perdona.

Fino ad un certo punto.

Mai titolo di un disco fu mai più azzeccato.
Almeno per me.

sabato 9 ottobre 2010

GIVE PEACE A CHANCE: E non è cambiato nulla. Nulla.



"Ma è il tuo compleanno?" "Non lo sai che bisogna cantare "Tanti Auguri" due volte per eliminare i germi?" (Cit.)

Chissà se qualcuno invece sa che non son bastati quasi trent'anni per eliminare il vuoto lasciato nel mondo e nella musica da JOHN LENNON.

Per gente che non finirà mai di immaginare, auguri John.
[09.10.1940 - 09.10.2010]

martedì 5 ottobre 2010

Da grande.

Troppo piccoli per poter guidare un'auto o un motorino, troppo per poter costruire capanne nei boschi o occupare capannoni abbandonati - maledetta vecchia - e troppo, troppo piccoli per poter anche solo uscire dalla via con le biciclette.

"Ehi, ciao!" "Ciao..." "Che fai?" "Gioco..." disse dall'altra parte della rete. Lo vidi perso, maledettamente preso da quello che aveva fra le mani. Abbandonai la mia piccola graziella rosso acceso (non so come sia possibile che il primo mezzo di locomozione di un 'bambino' fosse una bicicletta da bambina... rossa per giunta, quindi non chiedetemelo) sul muretto di cinta e mi avvicinai a lui, sempre alle prese con la superficie metallica del cassone del contatore dell'acqua di casa sua; "con cosa giochi?" feci guardando con mezz'occhio lui e mezzo quello che stava facendo "con questo!" e mi mise sotto gli occhi un camioncino, uno dei tanti, con i quali giocava spesso e volentieri "me lo ha portato mio papà" "bello, cos'è?" "un bilico!". Stravedeva per quegli aggeggini, ne aveva un sacco, più o meno la media di un bambino che in genere colleziona macchinine.

Quel pomeriggio rimasi lì, con le mani e la fronte appoggiate alla rete, a guardarlo giocare per un un bel po', finché non si fece tardi e sentii urlare mia madre che mi diceva di tornare a casa.

È l'amico più vecchio che ho. Se qualcuno mi chiedesse chi è la persona che conosco da più tempo, farei il suo nome. Da bambini giocavamo quasi sempre assieme, almeno fino all'inizio della scuola. Lì la cerchia delle amicizie cambiò, o meglio, lui iniziò a farsi degli amici e io rimasi a guardare. Fino ad allora, però, era la persona che conoscevo meglio al mondo.

Di tempo ne è passato da quei giorni, di cose ne sono successe un sacco. Da bambini, almeno una volta, sarà capitato di sentirsi chiedere "E tu? Tu cosa vuoi fare da grande?" ed io, almeno allora, rispondevo "il meccanico", il lavoro di mio padre. Almeno per noi maschietti il 'papà' rimarrà sempre e per sempre l'eroe indiscusso della nostra infanzia e per lui non era diverso. La sua passione per quei giganti su ruote era nata guardando il papà, gli zii e il nonno che ai tempi facevano tutti lo stesso lavoro: i camionisti, appunto.

Come dicevo. di tempo ne è passato e di cose ne sono successe e, alla fine, purtroppo, non tutto va come ti aspetti, almeno non all'inizio.

L'altra sera, tornato da pochissimo dal lavoro, ho incrociato sua madre sulla soglia di casa e, visto che era da un sacco che non la vedevo ne la sentivo, mi son fermato a scambiarci due parole. Era un po' che non vedevo nemmeno lui e ne ho approfittato per chiederle sue notizie. Quello che mi son sentito dire in quel momento mi ha riempito il cuore di gioia. Sapevo che dopo gli studi la sua esperienza col lavoro è stata un tira e molla continuo con quello che lo soddisfaceva e quello che lo opprimeva, le poche parole scambiate in questi anni non mi hanno lasciato intendere fosse entusiasta di quello che stava facendo, ma quello che mi ha detto sua madre quella sera mi ha fatto pensare a quando eravamo bambini e si parlava dei grandi e, inutile dirlo, gli occhi hanno iniziato a inumidirsi e un brivido a farsi spazio tra le vertebre. Quella sera tornavo da una giornata, l'ennesima, passata a fare qualcosa che non mi soddisfa e non mi soddisferà mai e nella mia testa c'era spazio solo per un rumore sordo e opprimente, il suono ridondante dell'insoddisfazione. D'un tratto però, dopo le sue parole, quel rumore si è attenuato, fino a sparire completamente, per far spazio a mille pensieri ed a una gioia che non sto a dire. Un passo indietro lungo almeno vent'anni. Vent'anni, cazzo. Per molti può significare tanto e per altri niente, ma per me quella era una delle notizie migliori che abbia mai ricevuto.


"E tu, Dani? Tu cosa vuoi fare da grande?"


Per quel che vale, sono fiero di te.
E, fidati di me, lo sarebbe anche tuo zio.