lunedì 11 marzo 2013

Mille i modi in cui sorridi, ma poi non ridi mai


In Italia, se vuoi provare a vivere con la tua musica, non puoi permetterti il lusso di essere presuntuoso. Lo capirono a tempo debito band del calibro di Afterhours e Marlene Kuntz, che di certo non hanno bisogno di presentazioni, allora perché biasimare i Marta Sui Tubi per la loro presenza a Sanremo?
Puoi essere indipendente, puro e casto discograficamente parlando... ma in questo paese l'indipendenza, la purezza e la castità purtroppo non ti regalano il pane.
Seguo la band siculo-bolognese, attiva dal 2003, più o meno dal 2005/2006 e per i più non hanno certo bisogno di presentazioni. Dischi molto eterogenei, spontanei e quando si tratta di 'osare' musicalmente parlando, non esistono realtà al loro pari.Carmelo Pipitone è forse uno dei migliori chitarristi contemporanei che abbiano mai calcato i palchi italiani e Giovanni Gulino ha un'estensione e una padronanza delle corde vocali che persino Mina si fermerebbe ad applaudire ammirata. Iniziano come duo chitatta-voce, e disco dopo disco, oltre a altri mebri nel nucleo, riescono a inserire nella loro discografia piccole perle che vanno a delineare un CV di tutto rispetto, e tutto per dire che di certo non abbiamo a che fare con il gruppo 'esordiente' di cui hanno parlato per settimane certi giornali buoni solo per raccogliere gli escrementi degli animali domestici.
Premessa fatta, iniziere a parlare di questo Cinque, La Luna e Le Spine che, come il titolo lascia intendere, è la quinta fatica della band. Questo disco quasi a sorpresa riesce a distaccarsi dal loro modus operandi, che inaspettatamente lascia da parte il sound che da sempre la contraddistingue, cioè scarno e schizofrenico, e da spazio per la prima volta a una produzione 'da grandi'. Ricchi infatti gli arrangiamenti e gli strumenti adoperati per le undici tracce in questione. Novità.
Oltre alle bellissime "Dispari" (l'acustica Sanremese ha giocato a sfavore di questa perla) e"Vorrei" che in molti avranno avuto modo di ascoltare, amare e/o odiare, ci sono perle come la traccia che apre le danze, "Il Primo Volo", che si piazza subito fra le mie preferite di sempre,"I Nostri Segreti" e "Grandine" dove la band almeno in questo caso da il meglio di se non solo musicalmente ma anche nelle liriche.
Questa band sa scrivere e sa suonare e finalmente lo si sente, soprattutto grazie alla produzione, che non cerca di snaturale la natura del sound che li ha resi celebri nel loro ambiente, ma pone l'accento su particolari che fino ad oggi difficilmente sono riusciti ad esprimere.
Quello che una volta era appunto un marchio di fabbrica, lascia il posto a una sorta di 'giustizia' nei confronti di un talento che trova finalmente la sua strada e nuova linfa con un lavoro magistrale, attento e meritocratico.
Come sempre, almeno nel mio caso, la band ha fatto centro.
Questo disco ti entra dentro e a fatica ce lo levi.

Bentornati e in bocca al lupo!

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