giovedì 24 maggio 2012

MUDHONEY - Bloom di Mezzago (MB), 21 Maggio 2012


Tutto sarei arrivato a pensare, tranne che i Mudhoney fossero una di quelle band alimentate a gasolio, un "motore a diesel" associato al modo di fare di una personalità come quella di una band che calca i palchi di tutto il mondo da quasi trent'anni. Chi ne sa un po' di motori sa di che parlo, per gli altri invece: le vecchie macchine a gasolio necessitavano di più tempo per poter essere usate dopo la messa in moto, più delle allora più comuni e diffuse macchine a benzina.

Ripeto, mi risultava difficile crederlo lì in mezzo al pubblico, ma per una buona parte della serata il mio pensiero è stato "si, ok... ma adesso?"

L'esibizione al Bloom di Mezzago (MB) purtroppo non inizia benissimo, a partire dalla fortunatamente anonima band che apre le danze, un duo francese chitarra e voce dove la sessione ritmica è affidata ad una drum machine e a campionamenti vari ed osceni. Dico fortunatamente perché spenderei ogni minuto che mi resta da vivere per parlarne male. In molti si son chiesti cosa c'entrassero col quartetto di Seattle e in molti hanno lasciato il locale a fine serata senza avere ricevuto una risposta soddisfacente a questa loro domanda. Dopo quaranta minuti di supplizio e i vari ed eventuali "Vattene! Andatevene!", il pubblico ha inizato a urlare cose del tipo "Datti al porno che almeno puoi urlare per un cazzo!" che è tutto dire.

Dopo quaranta lunghissimi minuti di supplizio, appunto, tra moine, miagolii disgustosi, versi dissonanti e urletti francesi, ecco che alle undici meno dieci salgono sul palco Mark Arm, Steve Turner and co. ad aprire le danze con una poco incisiva Poisoned Water Poisons the Mind. Nonostante questa premessa, la calca si fa importante e la temperatura sale. La prima impressione è quella che la band sia scazzata... sarà che forse si son messi ad ascoltare il duo che li ha preceduti?! Bah! Fatto sta che con il secondo pezzo, un classicone imponente come Into the Drink, il pit prende vita e la calca diventa infernale. Inizio a intravedere le persone mentre saltano di gioia e con mia somma ed estrema sorpresa scorgo con non poco piacere delle figure ambigue che mi lasciano di stucco. Signorotti sulla cinquantina con capelli bianchi ed occhiali che potrebbero tranquillamente esser genitori di ragazzi della mia età che, felici e contenti, saltano e si dimenano frenetici e contentissimi in mezzo al pogo. Uno spettacolo quasi mai visto dal sottoscritto che mi lascia una bella sensazione addosso.

Pezzo dopo pezzo, si capisce che la serata sarà un grandioso revival di pezzi che hanno fatto la storia passata e presente del quartetto, setlist che di sicuro si lascerà ricordare con piacere dal pubblico pagante. L'impressione però, nella prima mezz'ora, è che la band si stia annoiando davvero e che non era solo un'impressione. Pur avendo davanti un pubblico che sta reagendo più che bene ai pezzi proposti fino a quel momento, soprattutto - ovviamente - ai classici, i ragazzi sul palco quasi sbadigliano fra una canzone e l'altra e gli unici sorrisi fatti sono quelli scambiati fra di loro tra la fine di un pezzo e l'inizio di un altro. Andando avanti si capirà il perché. A partire dai problemi col basso fin dal primo pezzo, arrivando all'equalizzazione degli strumenti e della voce nel loro insieme, il Bloom non è riuscito a dare buoni risultati. Fin dalle prime battute, infatti, dopo esser stato messo alla prova con il sound grezzo di una band che fa del proprio impatto sonoro la sua forza, il locale non riesce a soddisfare le aspettative ne di chi è lì a suonare e, per certi versi, nè di chi è lì ad ascoltarli.

Nella seconda metà dell'esibizione le cose migliorano, infatti da In 'N' Out of Grace, nono pezzo in scaletta, la voce risulterà più nitida e potente e le chitarre verranno finalmente fuori allo scoperto regalando soddisfazioni sonore di rilevantissima importanza con quel che resta di una scaletta memorabile. Forse al mixer sono arrivati a una soluzione stabile, e - forse - per questo motivo la band, oserei dire miracolosamente, prenderà vita e inizierà a regalare grasse soddisfazioni anche a livello di interazione col pubblico. Arm pare resuscitato e Turner inizia a muoversi come un ossesso con la sua chitarra. Anche il pit sotto il palco inizia a diventa invivibile e la gente inizia magicamente a surfare su questo piccolla pozzanghera di mani.

Tales of Terror, un pezzo recente tratto dal loro ultimo disco in studio del 2008, va a chiudere la prima parte dell'esibizione, per poi riaprire le danze con l'encore quasi psichedelico di Mudride. La scaletta della serata va ad esaurisri con due cover che ormai sono pezzi portanti nelle loro esibizioni, quali la potentissima Hate the Police dei Dicks e la sempreverde Fix Me dei Black Flag.

Ripensandoci ora, il momento più esilarante della serata è legato alla cosa del surfare di cui vi parlavo qualche riga più in su, infatti mi sono accorto che le persone in estasi trasportate dalle mani di chi era sotto il palco, diventavano automaticamente un bersaglio da centrare a suon di sputi. Non so se il rito fosse comune e/o propiziatorio, ma so che si è ripetuto più volte.

Tornando in fine all'operato dei quattro ragazzotti/padri del Seattle Sound, fatta eccezione di un pezzo storico come Suck You Dry, che è stato misteriosamente escluso dalla setlist, la band riesce a regalare un'esibizione strabordante di ricordi, e quasi tutti i più vecchi e famosi anthem della loro storia, ad un pubblico che potrà sicuramente tornare a casa più che soddisfatto e contento.

Poche band 'coetanee' dei Mudhoney riuscirebbero a fare lo stesso.



SETLIST:
- Poisoned Water Poisons the Mind
- Into The Drink
- You Got It
- Inside Job
- This Gift
- Fearless Doctor Killers
- Hard-On for War
- When Tomorrow Hits
- In 'N' Out of Grace
- Judgement, Rage, Retribution and Thyme
- Sweet Young Thing (Ain't Sweet No More)
- Let It Slide
- Good Enough
- Touch Me I'm Sick
- I'm Now
- The Lucky Ones
- Chardonnay
- The Open Mind
- Widow of Nain
20. Tales of Terror

ENCORE:
- Mudride
- Here Comes Sickness
- Hate the Police (Dicks cover)
- Fix Me (Black Flag cover)

 
[Grazie mille all'impavida Elena Di Vincenzo per la foto concessa.]