sabato 16 luglio 2011

Lacrime

"Ma io lascio che le cose passino e mi sfiorino,
perché non sono ancora in grado di comprenderle.
Essere deboli in un mare verticale,
sentire quanto i rischi possano aumentare...
E ODIARE PER SENTIRSI VIVI,
PER PERCEPIRE IL SOLO SENSO CHE HA.
E improvvisamente ritornare primitivi,
essere comici e tornare primitivi...
e bere il sangue del nemico
solo per gustarne la diversità"

(Il Mare Verticale, Paolo Benvegnù)



lunedì 11 luglio 2011

AFTERHOURS - Arena Civica/MJF, 09 Luglio 2011

"Cosa c'è? No. No, DEA non la facciamo stasera, vieni la prossima volta che te la facciamo."

È la terza volta in tre anni che riesco a vedere suonare dal vivo una delle mie band italiane preferite, gli Afterhours. È però la prima che riesco a vederli con il redivivo Xabier Iriondo che, dopo averli abbandonati nel 2001 per dedicarsi a sonorità che con la sua band sarebbero c'entrati poco e niente e a Soundmetak, il suo negozio/laboratorio di strumenti musicali artigianali, ritorna dopo quasi dieci anni a calcare i palcoscenici con la sua band storica, a quanto pare come collaboratore esterno per il tour e per la registrazione del disco nuovo, ma non si sa mai. Fatto sta che la sua presenza sul palco si sente, si sente eccome. La formazione a tre chitarre è qualcosa di devastante, nonostante gli ordini restrittivi riguardo al volume deciso dalla giunta comunale li penalizzi, si sente che il sound è quello giusto. Il concerto inizia alle 21.00 per finire alle 23.30, due ore e mezza tirate con molte pause, ma brevi (in tutto saranno quattro i dentro e fuori del gruppo). I molti pezzi tratti da Germi, Hai Paura del Buio? e Non è Per Sempre, alcuni lasciati così come ce li ricordiamo e altri, nello specifico Siete Proprio dei Pulcini, Pop (Una Canzone Pop) e Bianca (quest'ultima in una splendida versione acustica chitarra, voce e violino) riarrangiati in maniera tale da non far storcere il naso ai puristi, hanno reso questo concerto memorabile. Almeno per me, ovvio. Sarò un nostalgico o un fissato, chiamatemi come volete, ma sentire i pezzi su disco suonati finalmente dal vivo dalla chitarra che c'era allora, non ha prezzo. Sabato sera ho davvero amato questo gruppo, che com'è strutturato in questo momento riesce a risultare praticamente perfetto ai miei occhi e soprattutto alle mie orecchie. Peccato per il volume, davvero, ma "con quest'aria di cambiamento" non si sa mai. Insomma, bentornato Xabier e grazie Afterhours.

"Facciamo... adesso facciamo un pezzo... facciamo DEA. Non ci credi? Eh, fai bene a non crederci."

SETLIST:
La Verità Che Ricordavo
L’Estate
Germi
La Vedova Bianca
La Sottile Linea Bianca
È Solo Febbre
Ballata Per la Mia Piccola Iena
Bungee Jumping
Milano Circonvallazione Esterna
Pochi Istanti nella Lavatrice
Siete Proprio dei Pulcini
Il Sangue di Giuda
Pelle
Bye Bye Bombay
Carne Fresca
Pop (Una Canzone Pop)
Ci Sono Molti Modi
Quello Che Non C'è
Non Si Esce Vivi dagli Anni '80
Male di Miele
Voglio Una Pelle Splendida
Bianca (ACUSTICA: Voce, chitarra e violino)
Il Paese è Reale


domenica 10 luglio 2011

The King of Limbs live FROM THE BASEMENT

Ecco a voi l'esecuzione live completa dell'ultima fatica in studio dei Radiohead. Provate voi a suonarlo per intero un  disco così, poi venite a dirmi ancora che è un lavoro orribile.



giovedì 7 luglio 2011

Ed amare ogni cosa, perché non c'è altro da fare.

Il mio grosso limite, quando si parla di ascolti, è che sono fondamentalmente pigro. Difficilmente mi metto a spulciare sugli scaffali tra i nomi che non conosco e, peggio ancora, difficilmente mi riesce d’ascoltare tutto quello di cui sento parlare bene. Paolo Benvegnù, a conti fatti, lo conosco di nome su per giù dal 2007/2008 (degli Scisma, per dire – la sua ex band, a quanto pare decisamente famosa nella scena indipendente dell’Italia anni ‘90 – non so assolutamente nulla tutt’oggi), ma è solo nel 2009, grazie alla compilation pensata e assemblata dagli Afterhours per il San Remo di quell’anno, Il Paese è Reale, che ci ho sbattuto il muso contro. Incuriosito dall’operazione comprai il CD e, alla traccia numero due del disco, c’era un pezzo intitolato “Io e il Mio Amore”, un brano di Paolo che, senza se e senza ma, s’è rivelata poi la mia canzone preferita di tutta la raccolta.

Dopo essermi ripromesso di reperire altro suo materiale, appunto per la mia pigrizia, è passato un anno e mezzo prima che io riuscissi ad avere un suo disco ‘fisico’ tra le mani. Un po’ perché in quel periodo le mie priorità musicali si sono focalizzate su altro, un po’ perché, come per i Marta Sui Tubi (che il caso vuole siano anche una band molto apprezzata da Paolo), non è assolutamente facile reperire il suo materiale nei negozi di dischi e, infatti, mi è toccato reperire quasi tutta la sua discografia nei vari store on line dedicati.

Dicevo, appunto, che ci è voluto un anno e mezzo per riuscire a imbattermi in un suo disco nel mio negozio di fiducia e, in questo caso, trattasi del suo ultimo lavoro in studio: Hermann. La rete è piena zeppa di recensioni e riscontri più che positivi ed è difficile riuscire ad aggiungere altro al riguardo. Questo è un disco che difficilmente riuscireste a paragonare ad altro nella nostra scena attuale. Compatto, con dei testi così profondi da commuoverti canzone dopo canzone (non ce n’è una brutta), con dei bellissimi arrangiamenti che, pur essendo decisamente basici, ti si piantano in testa assieme alla melodia dettata da una voce, quella di Paolo, che ti si annida sotto lo sterno e non ti lascia, ma ti segue ridondante per tutto il giorno. Un disco che fa venire la pelle d’oca, che ti fa pensare, arrabbiare, ma spesso e volentieri anche amare ogni cosa, perché non c'è altro da fare.