sabato 24 settembre 2011

"A long, long, long, long time ago... before the wind, before the snow."

Più passa il tempo e più mi accorgo, grazie a certe piccole promesse che regolarmente infrango nei confronti di me stesso, del potere che la musica ha su di me. Chi mi conosce sa di cosa parlo, conosce il mio attaccamento morboso a quella che è forse la mia unica passione e ciò che essa comporta. Chi mi conosce sa anche cosa significa per me il collezionare in maniera compulsiva il formato analogico della musica che adoro e sa persino che esiste un criterio nel farlo e che è a dir poco maniacale. Tanto più, chi mi conosce, sa quanto sia difficile per me fare a meno dei pezzi del puzzle che compongono il quadro della mia poco preziosa, ma significativa, collezione di dischi.

Questa ossessione nasce un bel po' di anni fa, quando ancora quelle che ci si poteva permettere in casa erano le vecchie cassettine comprate dal marocchino. Me le facevo regalare da mio papà e le conservavo gelosamente in un raccoglitore che, molto probabilmente, è ancora in giro, da qualche parte in mezzo alle cianfrusaglie infantili abbandonate in garage. Ai tempi non avevo un lettore CD, solo mangianastri. Un giorno però, mio padre portò a casa quello che sarebbe diventato un compagno inseparabile. Un suo collega gli diede da riparare quello che aveva le sembianze di macro-lettore CD portatile, così vecchio e usato che bastava soffiare sul coperchio per far si che la traccia saltasse. Gli disse "Se riesci a ripararlo, tienitelo. Sennò buttalo pure". Non m'importava di quanto fosse malandato, ricordo ancora oggi la felicità di allora. Era bellissimo, ma non avevo un solo CD! Iniziai quindi a raccimolare con parsimonia qualche soldo, guadagnandomelo con piccoli favori casalinghi, così da potermi comprare il mio primo album originale, anche perché ai tempi non c'era la possibilità come oggi di duplicare così facilmente il materiale digitale. Direi anche per fortuna! Col tempo il mio interesse per la musica diventò sempre più grande, al punto che dall'ascoltarla solo seguendo un punto di vista sonoro, passai ad un punto di vista emotivo, iniziando a farlo con parsimonia e dedizione, al punto da maturare un certo gusto personale e accorgermi di arrivare nel negozio con le idee ben chiare. La mia maniacalità riguardo al formato musicale, però, si sviluppò durante il secondo anno (o secondo tentativo) di superiori, quando un mio compagno di allora, durante un cambio dell'ora, mi fece sentire un disco. Ricordo che mi innamorai quasi subito di quel sound mai sentito prima, tanto da rimanere sorpreso del fatto che fossero i Red Hot Chili Peppers. Allora la band spopolava con canzoni come Scar Tissue, Otherside e Californication. Per carità, sono pezzi che adoro tutt'oggi, ma fui spiazzato dal fatto che non sembravano la stessa band del disco che stavo ascoltando in quel momento. Californication, infatti, sembrava suonasse come se fosse il disco di un altro gruppo, con sonorità più ruffiane e canzoni facili da assimilare. Invece il disco che mi fece sentire Emanuele (Emme, per gli amici degli amici), suonava in una maniera diversa, in uno stile diverso, pur essendo gli stessi quattro ragazzi in entrambi i lavori. Inutile dirvi che il disco di cui parlo è BLOOD SUGAR SEX MAGIK, che si aggiudicò il primo posto fra i dischi che conservavo in casa come se si trattasse di un oracolo.

Oggi anche lui, come Nevermind dei Nirvana, compie VENT'ANNI. Infatti il caso vuole che i due dischi siano usciti, non solo lo stesso anno, ma persino lo stesso giorno.

Come potevo non dedicare un post al disco che mi ha aperto definitivamente occhi e orecchie? Per quanto riguarda i Red Hot (curioso il fatto che in Italia li si chiami così e invece in america siano i Chili Peppers) e quello che sono per me, Blood Sugar Sex Magik è il loro capolavoro assoluto, il disco senza macchia, una vera e propria pietra miliare del genere. Sia che si parli della loro carriera, sia che si parli di musica in generale, questo disco ha ispirato e aperto la strada a chiunque avesse a che fare con la musica di un certo tipo e livello. So per certo che in pochi mi darebbero torto al riguardo. Ero (e sono tutt'ora) così innamorato di questo lavoro, che a quindici anni l'ho quasi fuso a suon di ascolti. Conosco (conoscevo) a memoria la parte recitata da ogni singolo strumento: l'ho scomposto, ricomposto, smembrato, ricucito, tagliuzzato, incollato, fatto a coriandoli, lanciato in aria per poi raccoglierne ogni singolo pezzetto per appiccicarmelo addosso alla perfezione. Conoscevo a memoria ogni sussurro, ogni eco, ogni suono che non fosse quello degli strumenti. Assimilai ogni rumore, ogni stridolio, ogni colpo scandito da percussioni di varia natura percebìpibili nelle registrazioni, ogni cambio di tempo. Su pezzi come The Righteous & the Wiked o semplicemente sull'assolo di Funky Monks riuscivo ad avere persino quelli che poi si son rivelati piccoli orgasmi multipli. Iniziai allora ad amare il binomio Frusciante/Flea (Michael Balzary). Il primo per il suo estro creativo, il secondo per il suo modo animalesco di suonare il basso, tutt'oggi marchio di fabbrica che gli permette di essere considerato uno dei migliori bassisti al mondo.

Insomma, posso benissimo dire di aver scoperto prima i Red Hot Chili Peppers e subito dopo la mia sessualità. E non penso sia cosa da poco.

2 commenti:

  1. Questo poteva essere il post introduttivo
    dell'intero blog. Una sorta di "atto d'indirizzo"
    del progetto. :-)

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  2. Molto probabilmente hai ragione! Però ho iniziato coi cugini Jane's Addiction... non mi sono allontanato poi troppo :)

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