"He's in love with rock'n'roll, he's in love with gettin' stoned, he's in love with Janie Jones"
domenica 25 dicembre 2011
venerdì 23 dicembre 2011
Spinning around a Ten... in 2011
Eccovi la mia personalissima lista e, badate, non classifica, dei dieci dischi che ho avuto il piacere di ascoltare più è più volte quest'anno, senza che questi siano rusciti a venirmi a noia. Li ho ascoltati al punto che loro hanno smesso di girare e ho iniziato a farlo io attorno a loro. Ascolti a rotazione, appunto. Le classifiche ho iniziato ad odiarle da un bel pezzo. Quando si parla di musica (ma non solo) cosa o ti piace o non ti piace, non c'è graduatoria che tenga!
Questi dischi mi sono piaciuti. E basta.










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giovedì 22 dicembre 2011
lunedì 12 dicembre 2011
C'è chi è nato per star zitto, c'è chi è nato per subire.
Agli Zen Circus ci arrivi, se ci arrivi, più o meno per tre motivi:
- sei Pisano e li segui dagli albori, quando suonavano alla festa delle medie e ti vanti di conoscere tutti i loro testi in iglese a memoria;
- sei un fanatico o comunque informato quando si parla di movimento indie italiano e quindi, per un motivo o per un altro, ci hai sbattuto il muso per forza di cose;
- ti sei imbattuto poco tempo fa nel loro precedente CD nel tuo negozio di fiducia e ti ha incuriosito il titolo tanto da non resistere e comprarlo.
In ogni caso non ci arrivi grazie ai canali mediatici, non se li caga nessuno. Ma se ci arrivi... be', se ci arrivi ne rimani folgorato. La band ha un sound molto asciutto e basico e dei testi che solo un sordo-scemo non amerebbe. Cinici e carichi di ironia, ogni canzone è un'aspra critica nei confronti della società ottusa, borghese, perbenista e cattolica che contraddistingue il nostro paese. Ecco, questo era il loro disco precedente, Andate Tutti Affanculo, e fin qui ci siamo. Ora invece siamo di fronte ad un nuovo lavoro in studio, il loro settimo disco, il secondo interamente scritto, cantato e interpretato in italiano.

Insomma, un salto di qualità anche se proprio proprio salto non è.... diciamo pure che si stan facendo una bella passeggiata seguendo il naturale corso delle cose. E che cose!
Ascoltateli e, perché no, vergognatevi un pochino per non averlo fatto prima.
Solo un po'.
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sabato 10 dicembre 2011
L'oro sul soffitto.
Perché se si ha poco da dire, di solito, c'è sempre molto... molto da ascoltare.
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giovedì 8 dicembre 2011
giovedì 1 dicembre 2011
Il mio tasto dolente. Uno dei tanti.
Devo ammetterlo e fare una sorta di mea culpa. Negli ultimi anni molti dei miei ascolti si sono un po' limitati al "questo lo conosco e quello che ha fatto mi è quasi sempre piaciuto, vado sul sicuro" e, come ben saprete, questo modo di ascoltare la musica ha degli effetti collaterali. Uno è quello che, in acuni casi, porta a far si che le aspettive ti si rivoltino contro come un cane incazzato, l'altro è che così facendo ti perdi quelle che sono le novità succulente del panorama musicale contemporaneo. Parliamoci chiaro, i The Black Keys non sono certo la band dell'ultimo momento, anzi. Il duo proveniente dall'Ohio, che ai più - per il binomio chitarra/voce e batteria - farà venire in mente i White Stripes, è in giro da quasi dieci anni e all'attivo ha ben otto dischi e svariati EP. Troppo preso dai miei ascolti facili facili, me li sono persi completamente. Per dieci anni, appunto. Avevo sentito parlare più che bene del loro precedente lavoro in studio (Brothers, del 2010), ma stupidamente mi son lasciato scappare l'opportunità di conoscerli già da allora.

In sitesi, con questo El Camino quello che abbiamo tra le mani è un disco di undici pezzi di ottimo rock'n'roll, con un suond decisamente 70's, che però non sa per niente di vecchio o di già sentito. Promossi e consigliatissimi.
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sabato 19 novembre 2011
giovedì 17 novembre 2011
Tutt'altro che un INCUBO - Datch Forum, 15 Novembre 2011
Son passati dodici anni dalla prima volta in cui mi sono imbattuto negli Incubus, era più o meno il 1999 e in radio e in TV impazzava Drive, singolo estratto da Make Yourself, album uscito in quello stesso anno. Per fortuna (loro) o purtroppo il pezzo venne passato così tanto da farmelo venire a noia, infatti l'amore, la fantomatica scintilla scoccò solo due anni dopo, nell'ottobre del 2001, quando la band diede alle stampe uno dei miei dischi preferiti dello scorso decennio, il loro quarto lavoro in studio (divertente leggere allora sul defunto TUTTO MUSICA il paragone con Led Zeppelin IV), Morning View. Fu amore al primo ascolto. Due anni più tardi, nel 2004, pubblicarono un altro album capolavoro, l'ambizioso A Crow Left of the Murder. Ambizioso per un semplice motivo: è stato registrato in nella sua interezza in presa diretta, cosa che, badando all'ottima fattura del materiale in questione, fa capire di che pasta è fatta la band capitanata dal (permettetemelo) bellissimo e talentuoso Brandon Boyd. Sfortuna vuole che in quello stesso anno mi trovai a passare il peggior momento della mia vita. Mi diagnosticarono una malattia abbastanza grave, che mi costrinse a sottopormi a dei trattamenti di chemio e radioterapia. La mia sfortuna ulteriore è che, durante un ciclo di terapia, mi portai un loro disco. Credetemi, da quel momento in poi, fino a pochi mesi fa, non sono più riuscito ad ascoltare un loro album per intero senza avere fortissimi conati di vomito. E tutto non perché cambiai opinione su di loro o iniziarono a farmi schifo, ma piuttosto penso fosse un collegamento inconscio con quel momento, che voi immagino sappiate (spero SOLO per sentito dire) cosa comporta.
Comunque, tornando alla band, nel frattempo uscì un solo disco nel 2006, Light Grenades, al quale non badai per i suddetti motivi. Subito dopo un doveroso tour promozionale, la band si prese quello che forse è ad oggi il loro più lngo periodo di pausa, infatti passano cinque anni prima che i cinque californiani si ripresentino sulla scena con altro materiale inedito. È appunto di quest'anno il loro If Not Now, When? che fin dal primo ascolto risulta essere un disco molto diverso dal precedente, ma anche dal resto del loro repertorio, e grazie al quale - miracolosamente - dopo sei anni, sono riuscito a ricucire un legame in maniera serena con una delle mie band preferite.
Quando ho saputo dell'ufficializzazione della loro unica data italiana per quest'anno, mi son fiondato a comprare i biglietti e martedì scorso son riuscito finalmente a vederli dal vivo dopo essere riuscito a perdermeli per anni. Un'ora e mezza di concerto. Un po' poco per la caratura e le capacità di questa band, ma, come si dice in questi casi, è stato breve ma intenso. C'è però una cosa che mi ha fatto pensare: pezzo dopo pezzo, ascoltando molto attentamente l'esibizione e prendendo nota della scaletta, mi son reso conto che il loro concerto era quasi totalmente incentrato sul disco appema uscito. Con una ricerca semplicissima in rete (un fan lo fa) si trova la scaletta del tour europeo (non son tutti come i Pearl Jam che cambiano scaletta ad ogni concerto, ahimé) che come al solito viene data alle principali testate specializzate. Quello che mi è balzato all'occhio è che la suddeta scaletta trovata on line è tutt'altro che una mera operazione commerciale, come invece spesso accade per altre band, bensì un vero e proprio collage della loro vent'ennale carriera. Sulla carta l'esibizione prevedeva che non avrebbero trascurato nessuno dei loro album, dando spazio a tutti i loro lavori in maniera pressappoco ecua, cosa che in pochi fanno. Per intenderci, molti artisti, quando esce un disco nuovo e devono promuoverlo, dedicano larghissimo spazio ai brani freschi di stampa, spesso trascurando i vecchi successi, cosa che in realtà mi sono accorto che gli Incubus hanno fatto SOLO nel nostro paese, a dispetto di quello che avevo letto spulciando in rete. La cosa mi ha lasciato un po' così, non dico deluso perché il loro ultimo disco mi piace e non poco, ma piuttosto mi è sembrato un tentativo estremo per farsi della pubblicità, per essere considerati in un paese dove del loro ultimo lavoro non ne ha parlato nessuno, ne TV ne emittenti radiofoniche.
Detto questo, posso ritenermi soddisfatto. Mi sarebbe piaciuto ci fosse qualche pezzo in più in programma, ma non mi sento di criticare le loro scelte perché, sul serio, hanno fatto un lavoro magistrale. Una band compatta, precisa e ben oleata negli ingranaggi, con un vocalist che si può definire tale: mai una stecca, mai un errore. Impeccabili. C'è chi li rimprovera di esser stati freddi... a me non è sembrato. Si tratta semplicemente di 'carattere'. Sono semplicemente fatti così. Si sapeva, non è una novità. Chi nasce tondo, non muore quadrato. È la loro natura di perfezionisti del suono. Boyd non è stato fermo un attimo per esempio, ma la gente ha avuto da lamentarsi perché non ha parlato col pubblico e le volte che lo ha fatto è stato solo per dire grazie. Ma cosa vi aspettatavate, che vi offrisse un pass per il backstage? Un numero di telefono? Una barzelletta? Son lì per suonare, non per fare public relations! È il loro ruolo, sta a loro il diritto di stravolgerlo e se a loro va di suonare e basta, lasciateli suonare e basta! Son lì per questo e speriamo lo rifacciano al più presto da queste parti.
SETLIST:
- Megalomaniac
- Pardon Me
- Adolescents
- Promises, Promises
- If Not Now, When?
- A Crow Left of the Murder
- Anna Molly
- Have You Ever
- In the Company of Wolves
- Defiance (Chitarra e Voce)
- Love Hurst (Chitarra e Voce)
- Talk Show on Mute
- A Kiss to Send Us Off
- Dig (Riarrangiata)
- Switchblade
- (Strumentale)
- Nice to Know You
- Drive
- Wish you Were Here
ENCORE:
- A Certain Shade of Green
- Tomorrow's Food
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mercoledì 9 novembre 2011
mercoledì 26 ottobre 2011
Alte aspettative, alte come uccelli in volo.
Era più o meno il 1995, io avevo dieci anni e quel pomeriggio ero in macchina con mio zio. Nello stereo girava un gran bel CD.
Le cose che ricordo e mi piace ricordare di quel periodo sono proprio i momenti di estrema serenità emotiva e i primi veri ascolti, che fossero radiofonici (in quel periodo, per esempio, nacque la passione per Radio Deejay) o meno. Lui, mio zio, era ed è un fedelissimo dell'alta fedeltà e in tutte le macchine che ha avuto non è mai mancato un impianto stereo di tutto rispetto. Lo stesso in casa, ha tutt'ora quell'impianto e quelle bellissime e potentissime casse che gli invidiavo allora e che gli invidio ancora oggi a distanza di anni. Ai tempi, grazie a lui e alla sua passione, conobbi i Depeche Mode di Violator, gli U2 di Zooropa, i Radiohead di The Bends, ma soprattutto gli Oasis di (What's the Story) Morning Glory. Quest'ultimo grazie al giro in macchina di quel pomeriggio. Col tempo lui ha continuato ad appassionarsi sempre più al modo con cui ascoltare musica e un po' meno al supporto, ed io, al contrario, ho iniziato ad affinare i miei gusti e a ricercare gruppi da ascoltare e dei quali invaghirmi rovinosamente. Nel '95, appunto, in radio impazzava il singolo Wanderwall e mio zio si innamorò del pezzo al punto di comprare il disco in questione. Allora non ero ancora un collezionista, ne avevo le finanze per poterlo essere, quindi se volevo ascoltare un CD, ascoltavo i suoi. In quel caso specifico ci misi veramente poco ad innamorarmi delle canzoni di quel disco, anche se entrambi condividevamo un pensiero comune sugli Oasis: senza Liam Gallagher alla voce, sarebbero stati una band infinitamente migliore. Bastava ascoltare nella tracklist la traccia successiva a quella citata, Don't Look Back in Anger, per rendersi conto dell'abisso che c'era tra le doti vocali dei due fratelli di Manchester. Il pezzo infatti era cantato da Noel e si sentiva lontano un chilometro che il chitarrista aveva maggior padronanza delle corde vocali, uno spiccato senso della melodia, una modulazione invidiabile e un tono di voce decisamente più piacevole da ascoltare. Lo pensavo e lo penso tutt'ora. Vi lascio immaginare la gioia provata alla notizia dello split degli Oasis; da una parte il ragazzaccio Liam con i suoi mediocri Beady Eye e dall'altra un Noel libero di scrivere (finalmente) solo per se stesso e per la sua voce. Mentre nel primo caso pare di imbattersi in una tribute band di John Lennon venuta male, con un disco all'attivo che definire 'un plagio del plagio del plagio che non sa di niente se non di già sentito' è poco, nel secondo l'attesa si faceva febbrile. Infatti il disco in questione è uscito sette mesi dopo quello della band del fratello e le aspettative erano diventate mastodontiche.

Complessivamente, prestando magari più attenzione ai testi (un altro punto di forza del songwriter inglese), riesce a crescere ascolto dopo ascolto. Insomma, comprandolo non buttereste via i vostri soldi, ma nemmeno fareste l'acquisto della vita.
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mercoledì 19 ottobre 2011
L'Artista in Fuga
Era dai tempi di Ritual de lo Habitual che non si intravedeva un artwork in pieno stile Jane's Addiction sugli scaffali degli ormai (quasi) defunti negozi di dischi. Dopo l'ennesima reunion (si erano sciolti nel 1991 per poi riunirsi un decennio dopo, nel 2001, e sciogliersi nuovamente nel 2004 e ritrovarsi a calcare di nuovo i palchi assieme nel 2009, dopo altri cinque anni di stop) torna una delle band più importanti e significative del panorama alternativo losangelino, capitanata dal chitarrista Dave Navarro e niente popò di meno che dal cantante Perry Farrel, patron di uno dei carrozzoni musicali più famosi e interessanti al mondo, il Lollapalooza (ne hanno fatta parodia persino i Simpson con l'epico Homepalooza) che nei 90's ha portato in giro per gli Stati Uniti band del calibro di Nirvana, Pearl Jam, Red Hot Chili Peppers, Rage Against the Machine, Soundgarden, Alice in Chains e tanti altri.

Tornando al disco appena uscito, basta la opening track per rendersi conto che non riavremo la band di un tempo tanto facilmente e, in questo caso, pur essendo un nostalgico, direi che per fortuna non la riavremo! Un po' perché il prodotto non è male, un po' perché sarebbe un po' ridicolo sentire la band comporre e suonare oggi canzoni alla Been Caught Stealing. Il disco è relativamente corto (chi mi conosce sa che per me è un punto a loro favore): dieci tracce per meno di quaranta minuti che si lasciano ascoltare con piacere. Niente di nuovo o innovativo all'orizzonte, un buon disco rock con molti spunti interessanti, forse con poco mordente, ma comunque di buona fattura. Prescindibile per chi simpatizza, ma non ama.
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venerdì 14 ottobre 2011
Adesso dormite fra le fiamme!
Attuale. Attualissima. Pare l'abbiano messa in diffusione in Parlamento dopo aver dato di nuovo fiducia al nano bastardo. Così, per farsi beffe di tutto e tutti. Bandiera Rossa ai molti pareva eccessiva: "Va bene prendere per il culo gli italiani" ha detto il ministro Maroni ai microfoni degli intervistatori "ma farlo anche con l'opposizione sarebbe davvero stato troppo. Abbiamo dignità e rispetto per l'avversario". Il tutto mentre beveva un bicchierino di vodka e faceva headbanging tutto fatto merda assieme a Calderoli e Borghezio. Bossi era in bagno a cambiare il pannolone. Pare che per la gioia se la sia fatta addosso.
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Apri gli Occhi,
Vaniloquio,
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martedì 4 ottobre 2011
Un mare di rimpianti.
Anche a me come all'amico Ale, i Bush son sempre piaciuti. Pur essendomi imbattuto in loro nel 1999 grazie al singolone The Chemical Between Us, pur essendo questo un pezzo estratto dal loro terzo disco e che quindi la cosa mi vedeva come il ritardatario di turno, c'è da dire che ho saputo far di peggio e cioè approfondire veramente la conoscenza nei confronti della band nel tardo 2006 quando si erano ormai sciolti da quattro anni, dopo un disco, Golden State (2001), che era un raro esempio di bellezza. In quel periodo, non che adesso siam messi meglio, era infatti assai raro riuscire a trovare un disco così bello dalla prima all'ultima traccia e la crisi mondiale della discografia non aiutava certo ad aver fiducia nelle band, visto e considerato che le idee iniziavano a scarseggiare; invece era facilissimo imbattersi in dischi composti dal singolone ad effetto con le restanti tracce a fare da riempitivi pietosi. Pur essendo un disco di poche pretese, di certo non innovativo per quanto riguarda la band e tantomeno la discografia, riusciva a farsi ascoltare tutto d'un fiato. C'è comunque da dire, che pur essendo un ritardatario, non sono rimasto con le mani in mano e, ai tempi, mi procurai l'intera discografia (in tutto quattro dischi: Sixteen Stone del 1994, Razorbalde Suitcase del 1997, The Science of Things del 1999 e il già citato Golden State) in tempo zero e non mi feci certo mancare quel tipo di ascolto che in molti definirebbero ossessivo, del tipo che metti su un disco e lo ascolti fino alla nausea. Ero così affascinato dalla voce di Gavin Rossdale e dal sound della sua band, che non ho ascoltato molto altro in quei mesi.
Ormai rassegnato a non poterli sentire più dal vivo, vi lascio immaginare come ho reagito alla notizia della reunion nel 2010! Ero entusiasta e non vedevo l'ora di poter sentire del materiale nuovo, soprattutto perché non c'è un solo disco che sia uno nella loro produzione che non mi sia piaciuto in toto. Ripensando a quello che era riuscito a fare il leader della band durante la carriera solista, mi son sempre chiesto come sarebbe potuto suonare quel materiale (discreto) con alle spalle la sua band storica. Qui arriviamo al punto della questione: quest'anno è uscito The Sea of Memories, l'atteso ritorno dei Bush che li rivede in gran rispolvero dal vivo e in studio, appunto. Purtroppo l'attesa non ha ripagato le mie aspettative. Mi son ritrovato ad ascoltare avido un disco che non va a segno, che non mi convince, non mi coinvolge e tantomeno si fa ricordare. Solo ieri ho provato ad ascoltarlo tre volte di seguito e un'altra volta stamattina. Niente. Non ce n'è nemmeno una canzone che mi ricordi con piacere e voglia di riascoltarla. La mia speranza era che il singolo fosse solo un tentativo bieco di aprire le danze all'ascolto dell'intero disco, una scelta poco azzeccata che però sarebbe stata blissata da un lavoro abbastanza bello da farmi dimenticare il passo falso. Immaginate la delusione nel rendermi conto che la canzone in questione, The Sounds of Winter, è addirittura una delle migliori in scaletta. Niente da fare, non credo ci sia da dare la colpa a qualcuno, semplicemente mancano le idee. Addirittura in alcuni dei ‘pezzi forti’ pare di sentire una tribute band, tanto che addirittura un brano come All Night Doctors ha gli stessi accordi di chitarra della bellissima Glycerine a fare da sottofondo, con tanto di linea metrica e melodica quasi del tutto uguale a un brano del Rossdale solista quale Love Remains the Same.
Peccato, davvero. Aspettiamo di riuscire a vederli dal vivo e poterci consolare col vecchio materiale di repertorio.
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lunedì 3 ottobre 2011
Se non quando, proprio ora... "Se non ora, quando?"
Nonostante le pressioni di un mercato discografico che da sempre vive nell'ombra del "formula del successo non si cambia", gli Incubus sono comunque riusciti a scrollarsi di dosso l’etichetta di un genere che li ha portati al successo e allo stesso tempo penalizzati con il secondo disco, S.C.I.E.N.C.E. (1997), passando dal sound di un lavoro transitorio come Make Yourself (1999) alla semi-perfezione di due dischi stupendi quali il già citato Morning View e il successivo A Crow Left of the Murder... (2004). Per carità, c’è stato il tempo anche di fare un mezzo passo falso fatto con il frettoloso e poco convincente Light Grenates (2006), ma nonostante tutto quest’anno riescono a consegnare alle stampe un signor disco che riesce ad entrare a pieni voti nella mia personalissima lista dei migliori ascolti di questo 2011. Questo If Not Now, When? ha il classico marchio di fabbrica Incubus, quello che te li fa riconoscere fin dalla prima nota, ma allo stesso tempo risulta essere anche un progetto molto ambizioso e diverso dai predecessori, visto che siamo davanti a un disco che fa della melodia il suo punto di forza assoluto. Questo materiale è di fatto un raffinato esempio di pop rock, dove la band per la prima volta riesce a mettere assieme un disco quasi interamente composto da ballad o comunque da canzoni prive dell’energia che contraddistingue il loro percorso creativo. Molto coraggiosi, soprattutto se si pensa che un disco del genere potrebbe annoiare i molti che erano abituati al loro lato più duro. Nel mio caso rimane però di fatto la prima volta che un loro disco riesce a convincermi fin dal primo ascolto.
Consigliato a quelli che si considerano audiofili. Raffinato.
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sabato 24 settembre 2011
"A long, long, long, long time ago... before the wind, before the snow."
Più passa il tempo e più mi accorgo, grazie a certe piccole promesse che regolarmente infrango nei confronti di me stesso, del potere che la musica ha su di me. Chi mi conosce sa di cosa parlo, conosce il mio attaccamento morboso a quella che è forse la mia unica passione e ciò che essa comporta. Chi mi conosce sa anche cosa significa per me il collezionare in maniera compulsiva il formato analogico della musica che adoro e sa persino che esiste un criterio nel farlo e che è a dir poco maniacale. Tanto più, chi mi conosce, sa quanto sia difficile per me fare a meno dei pezzi del puzzle che compongono il quadro della mia poco preziosa, ma significativa, collezione di dischi.
Oggi anche lui, come Nevermind dei Nirvana, compie VENT'ANNI. Infatti il caso vuole che i due dischi siano usciti, non solo lo stesso anno, ma persino lo stesso giorno.
Insomma, posso benissimo dire di aver scoperto prima i Red Hot Chili Peppers e subito dopo la mia sessualità. E non penso sia cosa da poco.
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"Oh, mi hai asciugato!!"
Ci sono amici che, soprattutto (o quasi esclusivamente), qui al nord definiremmo "asciugoni". L'amico asciugone, per intenderci, altro non è che quello che parla sempre, quello dei discorsi ridondanti, quello che la parola zitto non sa assolutamente ccosa voglia dire e, ovunque tu vada, c'è la sua voce a far da colonna sonora in ogni momento e/o situazione. È quello che non interpelleresti mai per paura di non riuscire più a parlare, quello che sa tutto e gli altri non sanno niente, quello che tutti conoscono e che ad un certo punto tutti evitano. Però, alla fine, come fai a voler male ad un amico? Resta pur sempre uno delle persone più care che hai, uno che, nonostante tutto, al momento giusto una buona parola per te l'ha saputa dire. Ti ha coccolato con la sua presenza, ti ha leccato le ferite nei momenti peggiori... Insomma, diciamocelo: non si può smettere di voler bene a un amico, anche se è pesante.
Quasi tutti lo conoscono, quasi tutti gli vogliono bene, quasi tutti ci hanno avuto a che fare e più o meno tutti hanno sentito almeno una volta la sua voce. A volte è bello risentirlo, anche se ti da noia. Ci piangi assieme, ci corri in macchina, ci canti persino con lui. Ci sono momenti, invece, in cui riesce solo a metterti malinconia addosso o a farti incazzare a morte. Ci hai a che fare a tal punto che i migliori pianti li avete fatti assieme. Nessuno come lui riuscirebbe a descrivere quel preciso momento, quella sensazione, quello stato d'animo. Nessuno. A conti fatti, chiunque lo conosca bene, chiunque conosca la sua storia, i suoi trascorsi, sa da sempre che è e sarà sempre uno dei pochissimi amici su cui poter fare affidamento, uno dei pochi al quale chiedere aiuto in certi momenti. Insomma, parliamo di un amico vero.
Quale torto sarebbe il non parlare di lui oggi, proprio nel giorno del suo ventesimo compleanno. Mi sembrava doveroso ricordarlo così, dicendo tutto e dicendo niente:
AUGURI! BUON COMPLEANNO NEVERMIND!
"With eyes so dialated I've become your pupil.
You've taught me everything without a poison apple."
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domenica 11 settembre 2011
La ritualità dell'11 settembre.
Questo blog non nasce come un blog politico o che tratta argomenti di cronaca o di sport o affini, e di certo non lo diventerà ora. Questo blog nasce come uno spazio incentrato sul parlare o commentare o condividere quelli che sono i gusti musicali del sottoscritto. Nonostante questo, però. mi sembrava doveroso dare un contributo, seppur non mio, alla vicenda riguardante quello che è la commemorazione di un decennale totalmente discutibile.
Qui di seguito un articolo molto interessante. Buona lettura.
"Sulla retorica del 'siamo tutti americani' che avvolse (e ancora avvolge), l'intero Occidente dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 il filosofo francese Jean Baudrillard scrisse, con crudezza, con lucidità e con coraggio (e ce ne voleva moltissimo in quel momento) "che l'abbiamo sognato quell'evento, che tutti senza eccezioni l'abbiamo sognato - perchè nessuno può non sognare la distruzione di una potenza, una qualsiasi, che sia diventata tanto egemone - è cosa inaccettabile per la coscienza morale dell'Occidente, eppure è stato fatto, un fatto che si misura appunto attraverso la violenza patetica di tutti i discorsi che vorrebbero cancellarlo" ( J. Baudrillard, Lo spirito del terrorismo, 2002).
Per tutta la vita ho sognato che bombardassero New York e non posso essere così disonesto con me stesso e con i lettori da negarlo ora che il fatto è avvenuto. Eppure ho provato anch'io un istintivo orrore per quella carneficina, per quello sventolar di fazzoletti bianchi, per quegli uomini e quelle donne che si buttavano dal centesimo piano. E allora? L'America è una Potenza che da più di mezzo secolo colpisce, con tranquillità e spietata coscienza, nei territori altrui, che negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale ha bombardato a tappeto Lipsia, Dresda, Berlino premeditando di uccidere milioni di civili perché, come dissero esplicitamente i comandi politici e militari statunitensi dell'epoca, bisognava "fiaccare la resistenza del popolo tedesco", che ha sganciato un terrificante, e probabilmente inutile, Bomba su Hiroshima e Nagasaki e che nel dopo guerra ha fatto centinaia di migliaia di vittime innocenti in ogni angolo del pianeta (lo scrittore, americano, Gore Vidal ha contato 250 attacchi militari che gli Stati Uniti hanno sferrato senza essere provocati). L'11 settembre invece gli americani, per la prima volta nella loro storia, venivano colpiti sul proprio territorio. Pensavo che questa tragedia avrebbe insegnato loro qualcosa: l'orrore di vedere le proprie case cadere come castelli di carta, seppellendo uomini, donne, vecchi, bambini, famiglie, affetti. Che gli avrebbe insegnato l'orrore dell'orrore ora che lo avevano vissuto sulla propria pelle. Che gli avrebbe insegnato che anche le vite degli altri hanno un valore, poichè tengono tanto alle proprie. Invece hanno continuato imperterriti. Come prima, peggio di prima. Loro hanno sempre la coscienza tranquilla, le tragedie degli altri non li riguardano, al massimo sono 'effetti collaterali'. Hanno cominciato con l'Afghanistan. Poteva esserci una ragione perchè da quelle parti stava Bin Laden, anche se nessuna inchiesta seria è mai stata fatta per dimostrare che dietro gli attentati alle Twin Tower o quelli del 1998 in Kenya e Tanzania ci fosse effettivamente il Califfo saudita (sarà il motivo per cui il Mullah Omar ne rifiuterà l'estradizione non accettando l'arrogante risposta Usa "Le prove le abbiamo date ai nostri alleati"). Ma dopo dieci anni di occupazione rimangono sul terreno 60 mila vittime civili la maggior parte delle quali provocate dai bombardamenti a casaccio sui villaggi e persino sui matrimoni. A stretto giro di posta è venuta l'aggressione all'Iraq: 650 mila vittime civili.Giuliano Ferrara sul Foglio (6/9) proprio mentre dichiarava di detestare l'iperbole ha definito l'11 settembre "l'attentato più grande e infame della storia". E' solo una delle tante tragedie della storia recente, forse quella che ci ha colpito di più ma non certo la più infame. E io mi rifiuto di piangere ogni anno, ritualmente e a comando, lacrime di coccodrillo per tremila vittime. Rituali che tentano di far entrare nel buio sgabuzzino del dimenticatoio tutte le altre. Che sono milioni."
Massimo Fini
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venerdì 9 settembre 2011
IL VIDEO PIÙ BELLO DI SEMPRE.
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martedì 23 agosto 2011
I'M WITH YOU - "Sono con te". Buffo, no?
Che sia stato un bene? Che la sua dipartita abbia portato nella band voglia di far respirare aria fresca ai fan? Non si sa, ma di certo in pochi avrebbero dato due lire ai Red Hot Chili Peppers (di nuovo) orfani di John Frusciante. Fatto sta che quest'aria nuova si respira, si respira eccome! Lo dico da grandissimo fan di John, ma il suo abbandono ha ridato vita a una band che con gli ultimi due dischi (By the Way del 2002 e il doppio Stadium Arcadium del 2006) mi aveva lasciato un amaro in bocca quasi indelebile. Invece Josh Klinghoffer fa il suo dovere e porta quella ventata d'aria fresca regalando un contorno chitarristico degno di nota, fortunatamente molto diverso da quello dei tre predecessori nella formazione della band di L.A.

Per ora i pezzi che preferisco sono la openig track, Monarchy of Roses (con un cantato molto simile alla loro celebre Warped) e a Brendan's Death Song, una ballata molto coinvolgente che pare sia stata la prima canzone scritta e incisa per questo ultimo disco.
Devo dire la verità: all'inizio, il singolo rilasciato a metà luglio, The Adventures of Rain Dance Maggie, mi aveva lasciato un po' di sasso, con l'amaro in bocca, diciamo. Questo può succedere; quando sei un fan sfegatato di una band che ha fatto della sua sregolatezza e del suo uscire dal binario dell'ovvietà pop il proprio punto di forza, non puoi fare altro che storcere il naso di fronte a un pezzo del genere. Però, sulla lunga distanza, dopo svariati ascolti, mi ricordo che i Beatles erano sfacciatamente pop e che io i Beatles li adoro e così, anche i peperoncini con questo loro I'm With You, riescono a convincermi andando a segno con un disco pieno zeppo di un pop/funk di una raffinatezza disarmante, mai lagnoso come brani in cui spesso ci si imbatteva nei precedenti due lavori in studio, con arrangiamenti e un groove per il quale sfido chiunque a rimaner fermo sulla sedia.
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martedì 2 agosto 2011
sabato 16 luglio 2011
Lacrime
"Ma io lascio che le cose passino e mi sfiorino,
perché non sono ancora in grado di comprenderle.
Essere deboli in un mare verticale,
sentire quanto i rischi possano aumentare...
E ODIARE PER SENTIRSI VIVI,
PER PERCEPIRE IL SOLO SENSO CHE HA.
E improvvisamente ritornare primitivi,
essere comici e tornare primitivi...
e bere il sangue del nemico
solo per gustarne la diversità"
(Il Mare Verticale, Paolo Benvegnù)
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Le parole degli altri,
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lunedì 11 luglio 2011
AFTERHOURS - Arena Civica/MJF, 09 Luglio 2011
"Cosa c'è? No. No, DEA non la facciamo stasera, vieni la prossima volta che te la facciamo."
"Facciamo... adesso facciamo un pezzo... facciamo DEA. Non ci credi? Eh, fai bene a non crederci."
SETLIST:
La Verità Che Ricordavo
L’Estate
Germi
La Vedova Bianca
La Sottile Linea Bianca
È Solo Febbre
Ballata Per la Mia Piccola IenaBungee Jumping
Milano Circonvallazione Esterna
Pochi Istanti nella Lavatrice
Siete Proprio dei Pulcini
Il Sangue di Giuda
Pelle
Bye Bye BombayCarne Fresca
Pop (Una Canzone Pop)
Ci Sono Molti Modi
Quello Che Non C'è
Non Si Esce Vivi dagli Anni '80
Male di Miele
Voglio Una Pelle Splendida
Bianca (ACUSTICA: Voce, chitarra e violino)
Il Paese è Reale
domenica 10 luglio 2011
The King of Limbs live FROM THE BASEMENT
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giovedì 7 luglio 2011
Ed amare ogni cosa, perché non c'è altro da fare.
Il mio grosso limite, quando si parla di ascolti, è che sono fondamentalmente pigro. Difficilmente mi metto a spulciare sugli scaffali tra i nomi che non conosco e, peggio ancora, difficilmente mi riesce d’ascoltare tutto quello di cui sento parlare bene. Paolo Benvegnù, a conti fatti, lo conosco di nome su per giù dal 2007/2008 (degli Scisma, per dire – la sua ex band, a quanto pare decisamente famosa nella scena indipendente dell’Italia anni ‘90 – non so assolutamente nulla tutt’oggi), ma è solo nel 2009, grazie alla compilation pensata e assemblata dagli Afterhours per il San Remo di quell’anno, Il Paese è Reale, che ci ho sbattuto il muso contro. Incuriosito dall’operazione comprai il CD e, alla traccia numero due del disco, c’era un pezzo intitolato “Io e il Mio Amore”, un brano di Paolo che, senza se e senza ma, s’è rivelata poi la mia canzone preferita di tutta la raccolta.
Dopo essermi ripromesso di reperire altro suo materiale, appunto per la mia pigrizia, è passato un anno e mezzo prima che io riuscissi ad avere un suo disco ‘fisico’ tra le mani. Un po’ perché in quel periodo le mie priorità musicali si sono focalizzate su altro, un po’ perché, come per i Marta Sui Tubi (che il caso vuole siano anche una band molto apprezzata da Paolo), non è assolutamente facile reperire il suo materiale nei negozi di dischi e, infatti, mi è toccato reperire quasi tutta la sua discografia nei vari store on line dedicati.
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