giovedì 17 novembre 2011

Tutt'altro che un INCUBO - Datch Forum, 15 Novembre 2011

Son passati dodici anni dalla prima volta in cui mi sono imbattuto negli Incubus, era più o meno il 1999 e in radio e in TV impazzava Drive, singolo estratto da Make Yourself, album uscito in quello stesso anno. Per fortuna (loro) o purtroppo il pezzo venne passato così tanto da farmelo venire a noia, infatti l'amore, la fantomatica scintilla scoccò solo due anni dopo, nell'ottobre del 2001, quando la band diede alle stampe uno dei miei dischi preferiti dello scorso decennio, il loro quarto lavoro in studio (divertente leggere allora sul defunto TUTTO MUSICA il paragone con Led Zeppelin IV), Morning View. Fu amore al primo ascolto. Due anni più tardi, nel 2004, pubblicarono un altro album capolavoro, l'ambizioso A Crow Left of the Murder. Ambizioso per un semplice motivo: è stato registrato in nella sua interezza in presa diretta, cosa che, badando all'ottima fattura del materiale in questione, fa capire di che pasta è fatta la band capitanata dal (permettetemelo) bellissimo e talentuoso Brandon Boyd. Sfortuna vuole che in quello stesso anno mi trovai a passare il peggior momento della mia vita. Mi diagnosticarono una malattia abbastanza grave, che mi costrinse a sottopormi a dei trattamenti di chemio e radioterapia. La mia sfortuna ulteriore è che, durante un ciclo di terapia, mi portai un loro disco. Credetemi, da quel momento in poi, fino a pochi mesi fa, non sono più riuscito ad ascoltare un loro album per intero senza avere fortissimi conati di vomito. E tutto non perché cambiai opinione su di loro o iniziarono a farmi schifo, ma piuttosto penso fosse un collegamento inconscio con quel momento, che voi immagino sappiate (spero SOLO per sentito dire) cosa comporta.

Comunque, tornando alla band, nel frattempo uscì un solo disco nel 2006, Light Grenades, al quale non badai per i suddetti motivi. Subito dopo un doveroso tour promozionale, la band si prese quello che forse è ad oggi il loro più lngo periodo di pausa, infatti passano cinque anni prima che i cinque californiani si ripresentino sulla scena con altro materiale inedito. È appunto di quest'anno il loro If Not Now, When? che fin dal primo ascolto risulta essere un disco molto diverso dal precedente, ma anche dal resto del loro repertorio, e grazie al quale - miracolosamente - dopo sei anni, sono riuscito a ricucire un legame in maniera serena con una delle mie band preferite.

Quando ho saputo dell'ufficializzazione della loro unica data italiana per quest'anno, mi son fiondato a comprare i biglietti e martedì scorso son riuscito finalmente a vederli dal vivo dopo essere riuscito a perdermeli per anni. Un'ora e mezza di concerto. Un po' poco per la caratura e le capacità di questa band, ma, come si dice in questi casi, è stato breve ma intenso. C'è però una cosa che mi ha fatto pensare: pezzo dopo pezzo, ascoltando molto attentamente l'esibizione e prendendo nota della scaletta, mi son reso conto che il loro concerto era quasi totalmente incentrato sul disco appema uscito. Con una ricerca semplicissima in rete (un fan lo fa) si trova la scaletta del tour europeo (non son tutti come i Pearl Jam che cambiano scaletta ad ogni concerto, ahimé) che come al solito viene data alle principali testate specializzate. Quello che mi è balzato all'occhio è che la suddeta scaletta trovata on line è tutt'altro che una mera operazione commerciale, come invece spesso accade per altre band, bensì un vero e proprio collage della loro vent'ennale carriera. Sulla carta l'esibizione prevedeva che non avrebbero trascurato nessuno dei loro album, dando spazio a tutti i loro lavori in maniera pressappoco ecua, cosa che in pochi fanno. Per intenderci, molti artisti, quando esce un disco nuovo e devono promuoverlo, dedicano larghissimo spazio ai brani freschi di stampa, spesso trascurando i vecchi successi, cosa che in realtà mi sono accorto che gli Incubus hanno fatto SOLO nel nostro paese, a dispetto di quello che avevo letto spulciando in rete. La cosa mi ha lasciato un po' così, non dico deluso perché il loro ultimo disco mi piace e non poco, ma piuttosto mi è sembrato un tentativo estremo per farsi della pubblicità, per essere considerati in un paese dove del loro ultimo lavoro non ne ha parlato nessuno, ne TV ne emittenti radiofoniche.

Detto questo, posso ritenermi soddisfatto. Mi sarebbe piaciuto ci fosse qualche pezzo in più in programma, ma non mi sento di criticare le loro scelte perché, sul serio, hanno fatto un lavoro magistrale. Una band compatta, precisa e ben oleata negli ingranaggi, con un vocalist che si può definire tale: mai una stecca, mai un errore. Impeccabili. C'è chi li rimprovera di esser stati freddi... a me non è sembrato. Si tratta semplicemente di 'carattere'. Sono semplicemente fatti così. Si sapeva, non è una novità. Chi nasce tondo, non muore quadrato. È la loro natura di perfezionisti del suono. Boyd non è stato fermo un attimo per esempio, ma la gente ha avuto da lamentarsi perché non ha parlato col pubblico e le volte che lo ha fatto è stato solo per dire grazie. Ma cosa vi aspettatavate, che vi offrisse un pass per il backstage? Un numero di telefono? Una barzelletta? Son lì per suonare, non per fare public relations! È il loro ruolo, sta a loro il diritto di stravolgerlo e se a loro va di suonare e basta, lasciateli suonare e basta! Son lì per questo e speriamo lo rifacciano al più presto da queste parti.

SETLIST:
- Megalomaniac
- Pardon Me
- Adolescents
- Promises, Promises
- If Not Now, When?
- A Crow Left of the Murder
- Anna Molly
- Have You Ever
- In the Company of Wolves
- Defiance (Chitarra e Voce)
- Love Hurst (Chitarra e Voce)
- Talk Show on Mute
- A Kiss to Send Us Off
- Dig (Riarrangiata)
- Switchblade
- (Strumentale)
- Nice to Know You
- Drive
- Wish you Were Here

ENCORE:
- A Certain Shade of Green
- Tomorrow's Food